Armonia e libertà di espressione creano la bellezza che è in ognuno di noi dando vita a creazioni uniche orgogliosamente made in italy.

 

Questo uno dei leitmotiv che raccontano Madame Ilary, al secolo Ilaria Parente, couturier e costume designer.

Napoletana di nascita e milanese di adozione, Ilaria prende ispirazione da acqua e fuoco, due elementi della natura che riconducono alle sue origini.

 

Hai portato il Vesuvio e la sua “calma apparente” e il golfo di Napoli e le sue bellezze in Lombardia; come sei riuscita a mixare il tutto?

 

Il mio gusto, la mia visionarietà barocca sicuramente si mixa poco con il minimalismo lombardo. Ho però trovato nelle linee pulite delle mie camicie dal taglio maschile, per esempio, un filo che unisse due mondi e modi differenti dell’ approcciarsi al vestire.

 

Da dove nasce la tua passione per il vintage?

 

Il vintage è presente da sempre nella mia vita; sono crescita con nonna (classe 1901) e le sue cugine e quell’allure mi è rimasto nella mente. Tra i miei ricordi più belli c’è la zia Elena che si pettina davanti alla sua bellissima toeletta.

Da bambina, poi, mi divertivo a sfilare indossando vestaglie e camice da notte che “rubavo” a loro e a mia madre e che nella mi mente diventavano fantastici abiti da sera ricchi di colori.

 

Perché proprio il turbante e non un più classico cappellino?

 

Il turbante è un amore che eredito da mia madre. Un accessorio che lei amava molto, tanto che al suo matrimonio ne indossava uno bellissimo che conservo oggi in maison. Per me è stato amore a prima vista.

 

 

Mi ha incuriosito leggere che “la taglia per il mondo sartoriale non esiste…”: direi che è un’affermazione che va un po’ controcorrente, se si parla di moda.

 

La sartoria non è moda: è piuttosto creatività, libertà, originalità. Un capo sartoriale non ha tempo e non ha taglia. Siamo tutte un universo unico, bello. Perché dovremmo essere costrette a “stare” in misure dettate da altri?

 

 

Una moda / non-moda dunque la tua?

 

Credo nell’esprimere la propria personalità. Creo abiti per questo, per far sì che ognuna trovi il suo proprio modo di raccontarsi, per la libertà di esprimerci e per creare uno stile che racconti di noi senza rimanere per forza in certi schemi.

 

 

Noi raccontiamo il bello in tutte le sue declinazioni. Quanto di bello c’era nel secolo scorso che è ancora attuale. Parlo di forme, colori, accessori.

 

Il secolo scorso è grande fonte d’ispirazione per me, poiché vi si sono susseguiti tanti stili. Molti di questi attuali: tutte le forme e i volumi dei decenni del secolo precedente li ritroviamo ancora oggi. La moda racconta della società e dell’uomo. Attraverso l’arte e l’abbigliamento riusciamo a percepire cosa ci accade intorno. Il secolo scorso è stato teatro di tantissimi movimenti culturali; il nostro, purtroppo, ne è meno ricco.

C’è intorno a noi un vero e proprio appiattimento culturale che temo sia dovuto alla globalizzazione.

 

Qual è il capo che hai realizzato che senti più tuo? Quello dal quale, magari, ti è dispiaciuto separarti.

 

Amo tutti i miei capi, sono tutti mie creature. Quelli che prediligo sono i capi unici e da quelli è un po’ più dura separarsi.

 

Progetti futuri?

 

Avrò presto un posto diverso, la Maison cambierà. Non so ancora dove, forse neanche più Milano. Sento forte il bisogno di trasformazione. I miei capi, la mia filosofia, però, non cambieranno. Spero di dare sempre meglio e di avere, un giorno, una maison più grande con sarte e magari anche delle ricamatrici. Sogno sempre. Adoro sognare.

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di Marianna Addesso

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