Lucia Marotta: “Da 27 anni convivo con la Sindrome di Sjögren. Ma la battaglia più dura non è contro la malattia, è contro l’inerzia delle istituzioni.”

“Esistiamo, ma per lo Stato non siamo nessuno”. Con queste parole cariche di dolore e determinazione, Lucia Marotta – affetta da 27 anni dalla Sindrome di Sjögren Primaria Sistemica e presidente dell’A.N.I.Ma.S.S. ODV – apre la sua denuncia contro un’ingiustizia silenziosa ma devastante: il mancato inserimento della malattia nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) come patologia rara. Una scelta incomprensibile, che condanna migliaia di persone, in prevalenza donne, all’invisibilità sanitaria, al dolore quotidiano e all’assenza di cure adeguate. Mentre lo Stato tace, la malattia avanza. E con essa, l’abbandono.

Dottoressa Marotta, cos’è davvero la Sindrome di Sjögren Primaria Sistemica?

“È una malattia autoimmune, ematologica, invisibile, ma devastante. Colpisce principalmente donne, aggredisce occhi, bocca, polmoni, cuore, reni, fegato, sistema nervoso. Ma non si ferma qui: può evolvere in forme oncologiche, con un rischio fino a 44 volte superiore alla media. Linfomi, tumori al seno, ai polmoni, alla tiroide, all’utero. Una patologia sistemica, degenerativa, potenzialmente letale. Eppure… ignorata”:

Ignorata da chi?

“Dallo Stato. Dal Servizio Sanitario Nazionale. La Sindrome di Sjögren Primaria Sistemica non è inserita nei LEA come malattia rara. Questo significa: niente esenzione, niente farmaci, niente percorsi dedicati. Le persone affette sono abbandonate, costrette a curarsi da sole, spesso con spese insostenibili”.

Un’assenza che sa di ingiustizia

“Esattamente. Chi vive questa malattia ha bisogno di cure multidisciplinari, di riabilitazione continua, di farmaci sostitutivi che non sono un lusso, ma una necessità vitale: colliri, saliva artificiale, fermenti, integratori. Nulla di tutto questo è garantito. Una donna con la Sjögren può perdere la vista, avere lesioni orali, problemi articolari gravissimi, dolori quotidiani, impossibilità a masticare o deglutire. Eppure, per lo Stato, non esiste”.

 

Lei convive con la malattia da 27 anni. Com’è iniziato tutto?

“Nel 1999. Dolori articolari, stanchezza estrema, problemi oculari. Il medico pensò a un abuso di alcol, per via delle alterazioni epatiche. Ho impiegato cinque anni per arrivare a una diagnosi certa. Ma la diagnosi non è stata la fine di un incubo, è stato l’inizio di un calvario: nessun ambulatorio dedicato, nessun coordinamento tra specialisti, nessuna presa in carico. Solo solitudine”.

E da quel momento ha iniziato a combattere

“Sì. Da vent’anni, come presidente dell’A.N.I.Ma.S.S. ODV, chiedo una cosa semplice: giustizia. Chiediamo che la Sindrome di “Sjögren Primaria Sistemica sia inserita nei LEA come malattia rara. Non è solo una questione di diritti: è una questione di civiltà. E anche di risparmio per il SSN. Oggi chi peggiora viene ricoverato, con costi altissimi. Basterebbe monitorare, prevenire, curare. Ma lo Stato tace”.

Avete portato la questione nelle sedi istituzionali?

“Eccome. Ho scritto al Ministro Schillaci, alla Viceministra Bellucci, al Sottosegretario Gemmato, a parlamentari di ogni schieramento. Nessuna risposta concreta. Ma noi non ci fermiamo. Formiamo medici, sensibilizziamo l’opinione pubblica. Chiediamo una rete territoriale, ospedaliera, che oggi non esiste”.

C’è anche una questione di genere?

“Assolutamente sì. Oltre il 90% delle persone colpite sono donne, spesso in età fertile o in menopausa. E ci sono anche bambini. Ma la nostra sofferenza non fa notizia. È una doppia discriminazione: sanitaria e di genere”.

Cosa chiedete, oggi, al Governo?

“Di smetterla con le scuse. Se i fondi non ci sono per noi, non ci siano per nessuno. La nostra malattia esiste, uccide, distrugge vite. Il suo mancato inserimento tra le rare è una discriminazione inaccettabile. Lo Stato deve assumersi le proprie responsabilità. Non possiamo più aspettare. È ora di agire”.

stampa

di Ornella Trotta

Condividi
Potrebbe anche interessarti