Ad Ascea stasera la presentazione del libro “Se Steve Jobs fosse nato a Napoli”

Alla Fondazione Alario un incontro per riflettere sui talenti che fuggono e sulle opportunità negate. Il merito della visione culturale va a Marcello D’Aiuto

Questa sera, domenica 15 giugno alle ore 18.30, presso la Fondazione Alario per Elea-Velia a Marina di Ascea, si terrà la presentazione del libro “Se Steve Jobs fosse nato a Napoli” di Antonio Menna, un testo provocatorio e brillante che indaga con lucidità e ironia il destino dei talenti meridionali, spesso costretti a fuggire o ad adattarsi, piuttosto che a realizzarsi nel proprio luogo d’origine.

L’incontro, ospitato nella splendida cornice del giardino della Fondazione, è stato fortemente voluto dal presidente Marcello D’Aiutoo, figura che negli ultimi anni ha saputo trasformare l’istituzione in un centro pulsante di cultura, confronto e cittadinanza attiva. Con lungimiranza e dedizione, D’Aiuto ha promosso eventi capaci di tenere insieme la riflessione sul territorio e le grandi sfide del presente, offrendo al Cilento occasioni di crescita civile e culturale.

Dopo i saluti del presidente e del sindaco di Ascea, Stefano Sansone, interverranno lo stesso Antonio Menna, autore del volume, il dottore commercialista Attilio Bianco, il deputato e docente di economia politica Luigi Marattin, e il consigliere comunale di Vallo della Lucania Antonio Bruno. A moderare il dialogo sarà Antonluca Cuoco, pubblicista de La Ragione e ildenaro.it.

Il libro, divenuto un piccolo caso editoriale, si interroga su una domanda tanto semplice quanto destabilizzante: cosa accadrebbe se un genio come Steve Jobs fosse nato a Napoli? L’invenzione e l’intelligenza basterebbero a garantirgli successo, oppure il contesto culturale e sociale finirebbe per soffocarlo? Una riflessione amara ma necessaria sul peso che ancora oggi hanno le origini, le reti relazionali, e i limiti strutturali che spesso imprigionano i meriti.

Quello di stasera non sarà solo un evento culturale, ma un vero e proprio spazio di consapevolezza. E il merito di tutto questo va alla Fondazione Alario e a chi, come Marcello D’Aiuto, continua a credere che il sapere non sia un lusso, ma un diritto. E un dovere.

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di Liberato Luongo

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