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Il tenore Mario Lamanna porta la canzone classica napoletana in giro per il mondo

EBOLI (SA). «Una voce potente e appassionata che restituisce alla canzone napoletana dignità classica e dimensioni universali». Enzo Biagi condensò in questa frase la brillante carriera del Maestro Mario Lamanna, il tenore ebolitano considerato tra i principali interpreti della canzone classica napoletana insieme a Francesco Albanese, Enrico Caruso e Giuseppe Di Stefano. Fu proprio Albanese a scoprire il suo talento.

 

Mario Lamanna porta la canzone classica napoletana in giro per il mondo

 

«A 15 anni studiavo pianoforte al Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli e in estate aiutavo mio zio con la sua azienda agricola – racconta il Maestro Lamanna – Un giorno, mentre pascolavo le bufale cantando ‘O sole mio e ‘O paese d’ ‘o sole, si avvicinò un cacciatore e mi chiese dove avessi ascoltato quelle canzoni. Gli risposi che mio nonno aveva tutti i dischi di Francesco Albanese. C’era qualcosa di familiare in lui, ma non lo riconobbi subito. Poi mi disse: sono io Francesco Albanese e la tua voce somiglia tanto alla mia».

 

 

Il tenore Mario Lamanna

 

 

Un incontro che cambiò la sua vita…

 

«Dopo il diploma al Conservatorio, andai a New York insieme a Nino Taranto. Ci esibimmo al Bronx e a Brooklyn, dove fui notato e, in seguito, scritturato dai dirigenti della tv americana NBC. Rimasi in America per cinque anni. Poi, nel 1971, vinsi il concorso come solista alla Rai e decisi di tornare in Italia. Ma non ho mai smesso di portare la musica classica napoletana in giro per il mondo».

 

 

Maestro, come è stato accolto in America?

 

«Come una persona di famiglia. Gli italiani che vivono all’estero sono così: si aiutano a vicenda. Non dimenticherò mai un costruttore originario di Calabritto (AV), emigrato in Canada dopo il terremoto del 1980. Era riuscito a ricostruire a Vancouver una chiesa identica a quella del suo paese. Quando me la mostrò, gli dissi che mancava l’organo e dopo due giorni me ne fece trovare uno elettrico. Organizzò una grande festa, dove fui invitato a cantare l’Ave Maria. Era il maggio 2004. Ad ottobre dello stesso anno Mike Bongiorno mi invitò al suo Sanremo americano in qualità di unico rappresentante della canzone classica napoletana».

 

 

Durante la sua carriera ha avuto modo di confrontarsi con figure di spicco del panorama musicale e politico internazionale. Quali sono stati gli incontri più significativi per lei?

 

«Sono stati tanti: dalla divina Maria Callas ai tre grandi Pavarotti, Carreras e Domingo, dal Papa a Fidel Castro, ma le parlerò di due donne eccezionali. Nancy, la sorella di George W. Bush, che ci ha lasciati due anni fa. Lei mi sentì cantare sulle navi da crociera e chiese al comandante il permesso di farmi esibire a casa sua a Palm Beach ogni sabato. E Sophia Loren, alla quale mi lega una profonda amicizia. La conobbi nel 1964 sul set di “Matrimonio all’italiana”. L’attore che interpretava il prete era il mio maestro di pianoforte, ma era siciliano e non parlava il napoletano. Vittorio De Sica mi chiese di doppiarlo».

 

Uno degli incontri con Papa Giovanni Paolo II

 

Tornando invece ai giorni nostri, quali progetti ha in cantiere?

 

«Attualmente dirigo i cori di Serre e di Battipaglia, che mi stanno regalando grandi soddisfazioni, proprio come il coro di persone con disabilità che ho diretto per 7 anni. Vedere esibire quei ragazzi a Piazza San Pietro dinanzi al Papa e nelle carceri meridionali mi ha riempito di orgoglio. Poi, nel tempo libero, faccio lunghe passeggiate in montagna, senza mai smettere di cantare».

 

Dunque, cosa consiglierebbe a un giovane che volesse intraprendere una carriera nel canto?

 

«Studiare tanto. La voce è come qualsiasi strumento, bisogna esercitarsi di continuo. Scandire bene ogni nota e cantare sempre col mezzo sorriso, proprio come fa Mina nella musica leggera e come faceva la Callas nella lirica. Si canta sempre col sorriso».

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di Mariana Cavallone

Mariana Cavallone

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