Comunicazione termine di Pace. Incontro con Giuseppe Mazza, docente allo IULM di Milano.
La società si sta avviando al convincimento della necessità della guerra. Parole di guerra nella comunicazione e non solo.
Assegnare il premio Oscar al film Oppenheimer, per esempio, è negare la pace.
Sì, è vero. Tuttavia, per la prima volta, l’ATOMICA SI VEDE, SI CULLA, SI MANEGGIA.
Nessuno l’aveva mostrata mai con così tanta evidenza. C’era più reticenza.
Sì, il rasoio per esempio. E’ stato ideato dagli Americani per potere infilarsi la maschera antigas senza intralci.
Se ne è parlato anche durante il Covid, di un lessico militaresco. Ora basti pensare a come Zelenski definisce Putin e al movente sbandierato per attaccare l’Ucraina. Il “nuovo Hitler” dice Zelenski. “Denazificare” l’Ucraina, afferma Putin.
Questo è l’ultimo capitolo del mio libro “Campagne di guerra” Prospero Editore. E’ dedicato alla pace.
Certo che l’industria della guerra ha bisogno della guerra. Ed ecco che aumentano le spese militari in ogni paese. Ma i popoli vogliono la pace. Le fotografie sui social mostrano la vera dimensione della sofferenza dei popoli.
La lotta non violenta, diceva Gandhi, ha bisogno di essere conosciuta e quindi si serve di ogni mezzo di diffusione.
Oggi i social, allora radiotelevisione, volantini, ogni tipo di bollettino, il passa parola.
Abbiamo la necessità di sentire più spesso la parola PACE.
Un’opinione pubblica cosciente e intelligente è la più potente arma di resistenza antiviolenza e quindi di pace.
Significa mettere in comune, insieme. Comunicazione è un termine di pace, conclude Giuseppe Mazza
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