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La bellezza in un sorriso: intervista a Nunzia Schiano

«Osserva un’opera d’arte, un tramonto o più semplicemente lo sguardo di un bambino…qual è la prima cosa che fai? Sicuramente sorridi». Nella Giornata Internazionale della Donna, Nunzia Schiano ci racconta il legame indissolubile che esiste tra la bellezza e il sorriso. Senza dimenticare che essere belle richiede anche tanto coraggio.

 

 

Abbiamo incontrato l’attrice napoletana nel foyer del Teatro Comunale Mario Scarpetta di Sala Consilina (SA), in occasione della rassegna “Teatro in Sala”, organizzata dall’associazione “I Ragazzi di San Rocco”. Una serata nata per sostenere i Centri Antiviolenza del territorio perché, come spiega Nunzia Schiano: «L’otto marzo è una data che ci ricorda quanto le donne abbiano un ruolo nella nostra società, ma anche che sono tante le donne oggetto di violenza».

 

 

Nunzia Schiano è la protagonista di “Fémmene”, su testi di Myriam Lattanzio e tratti da “Nostra signora dei friarielli” di Anna Mazza, con la regia di Niko Mucci…

«Lo spettacolo è un omaggio all’universo femminile, che mette in scena diversi ritratti di donne che si raccontano nel loro vivere quotidiano. Lo fanno per invitare a riflettere, ma lo fanno anche con grande leggerezza, perché il sorriso nel teatro così come nella vita non deve mancare mai».

 

Dal teatro al cinema, passando per il piccolo schermo, ha interpretato i ruoli di tante donne, ma qual è il personaggio a cui è rimasta più legata?

 

«Il personaggio della mamma in “Benvenuti al Sud” è sicuramente quello che mi ha fatto avvicinare maggiormente alle persone, anche perché il cinema arriva a molti più spettatori contemporaneamente. A teatro, invece, un altro personaggio che ho amato molto è stato Rosalia Solimene in Filumena Marturano. Ma un po’ di cuore l’ho lasciato in tutti perché in tutti c’è un pezzetto di me».

 

 

Ci ha parlato del legame indissolubile che unisce la bellezza al sorriso. Ma il bello è anche coraggio…

 

«Ciò vale ancora di più in questi giorni bui. Penso alle donne ucraine che in questo momento stanno vivendo una parità sul campo di battaglia, facendo fronte comune con gli uomini nella difesa della propria patria, o a quelle che a distanza si stanno prodigando per i loro compagni. Ma penso anche alle operaie della Whirlpool, che sono tra le più battagliere nella lotta per mantenere il proprio posto di lavoro, nella lotta per la propria dignità».

 

Cosa vuol dire allora essere “fémmena”?

 

«Essere “fémmena” vuol dire avere la capacità di non farsi chiudere in stereotipi che ci vogliono belle in un certo modo, donne in un certo modo, lavoratrici in un certo modo. Significa cercare di avere un’identità forte, far valere i propri diritti, non uniformarsi. Trasformando l’otto marzo in festa, abbiamo ridotto quello che poteva essere un momento di riflessione a un momento di mero consumismo. Uomini che ti portano la colazione, le mimose, i regali e il giorno dopo ti dicono: “Stai zitta, non parlare, è finita la tua festa!”. Dovremmo davvero recuperare il senso di questa giornata».

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di Mariana Cavallone

Mariana Cavallone

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