Arte

Teatro Il Vascello, intervista a Caterina Venturini

Roma – Teatro Il Vascello, intervista a Caterina Venturini.

Il Bello del fare teatro è che tutto il nostro essere ne è coinvolto, testa, cuore, pancia, il corpo tutto. Il Teatro racconta storie e a me piace raccontare storie.

Da Ferrara alla Bottega teatrale di Vittorio Gassman a Firenze.

Da quando il teatro è entrato nella sua vita?

Per curiosità e per trasgressione il teatro è entrato nella mia vita intorno ai diciotto anni, senza avere la consapevolezza che sarebbe diventata la mia passione e la mia professione. Quando sono stata selezionata come allieva della Bottega di Vittorio Gassman mi sono sentita onorata e nello stesso tempo intimidita. E’ difficile esporsi nelle improvvisazioni teatrali, per pudore, per timidezza. Essere al centro dell’attenzione con lo sguardo giudicante degli altri non è facile.

Il teatro è un’opportunità.

Ho capito con gli anni il piacere di stare al centro della scena, che il fatto di essere ascoltati è un privilegio, un potere, un’opportunità per lasciare un pensiero in più in noi sul palcoscenico e in chi esce dal teatro.

Spesso dico questo ai miei allievi, giovani e adulti, nei laboratori di teatro presso la mia associazione “Horti Lamiani“.

Di Vittorio Gassman cosa ricorda?

La selezione è stata dura (25 allievi in tutta Italia) e lui, già in una fase depressiva, mi ha regalato un’emozione fortissima.

Quel giorno Vittorio, non voleva essere chiamato maestro, si era liberato, si era inginocchiato e con il gomito sulla sedia aveva recitato il canto XXXIII dell’Inferno della Divina Commedia, quello del Conte Ugolino.

Le lacrime mi bagnavano gli occhi.

Non lo dimenticherò mai.

Il teatro è terapeutico.

Sì, il bello del teatro è che tutto il nostro essere è coinvolto

Ci si mette a nudo, ci si scopre.

Per questo nell’attività laboratoriale che conduco, a fianco di quella di attrice, regista, autrice, vi sono più donne che uomini.

Le donne sono più disposte a mettersi in discussione, sono meno preoccupate dello sguardo sociale su di loro.

E’ un gioco che spinge alla scoperta delle emozioni e alla cooperazione.

Promuovere una campagna per la pratica teatrale maschile sarebbe terapeutico sia a livello individuale che collettivo.

 

 

 

 

Teatro di donne?

Sì, nel mio ultimo spettacolo, che approderà a Milano,Il viaggio di Teresa”, rappresentato al teatro “Il Vascello”, tre donne, la madre anziana e le due figlie già mature, dialogano. La madre, colpita da patologia progressiva, decide d’intraprendere un viaggio verso la morte dolce che avrà tuttavia un altro epilogo.

Un libro, che lei sfoglia durante il viaggio, la porterà a un ripensamento. “Bisogna alzarsi sazi dalla tavola”. La vita deve essere vissuta a pieno, fino in fondo.

 Il viaggio metafora della vita?

Sì, anche le figlie, riordinando scarpe, libri, giornali lasciati alla rinfusa dalla madre, intraprendono il loro viaggio e si raccontano, scoprendo verità non dette. Due piani di riflessione, di conoscenza per approdare al perdono finale.

Il Viaggio di Teresa
Di questo spettacolo è regista, autrice e interprete. Quanto è importante per lei la scrittura teatrale?

Mi piace molto scrivere e scrivere di teatro civile, storico, biografico, sociale. E’ l’occasione di studiare, di approfondire. Ho scritto tredici testi teatrali, tutti rappresentati. Mi piace raccontare storie. Il teatro è da sempre un buon mezzo per esprimersi e raccontare per essere ascoltati.

Data la sua lunga carriera ha lavorato con i grandi?

Ho avuto la fortuna di lavorare insieme a grandi attori: Lucilla Morlacchi, Piera degli Esposti, Gianrico Tedeschi, in tournée, in giro per l’Italia. Ho lavorato con Paola Mannoni, Jinny Gazzolo e tanti altri. Poi sono diventata più stanziale perché i miei figli sono l’avventura più bella e seguono le mie tracce.

Nostalgia di Ferrara?

 Vivo a Roma da trent’anni. E’ una città che amo perché la grande città offre la possibilità d’incontri e di confronti che nella mia professione sono imprescindibili.

A Ferrara, città meravigliosa, ma di provincia, sarei stata conosciutissima.

A Roma sono solo conosciuta. Si sente che non sono romana dall’accento emiliano che a volte traspare. Adoro restare con la mia famiglia d’origine, ma Roma è ancora Caput Mundi.

“L’importante è alzarsi sazi dalla tavola.” Quanto è sazia? C’è ancora molto da raccontare?

La testa e il cuore ripartono anche se i due anni di pandemia per noi professionisti dello spettacolo, e di teatro in modo particolare, sono stati uno stop drammatico.

Ancora si percepisce e si vive a volte l’apnea.

Sto scrivendo di donne, naturalmente, accompagnandole nelle diverse fasi della loro vita con la loro bicicletta, fino alla caduta del muro di Berlino. La grande storia attraverso le microstorie che la attuano.

Poi c’è molto da raccontare, soprattutto in questo momento che stiamo vivendo: le vittime della guerra in Europa.

A questo proposito Horti Lamiani organizza un evento a Roma il 29 aprile 2022 con l’esposizione di xilografie di una giovane artista sul tema della guerra di ogni tempo.

Si associa, inoltre, all’Ucraina che difende la propria libertà e indipendenza.

Teatro e libertà

Il Piccolo Teatro di Milano, il teatro fondato da Giorgio Strehler e da Paolo Grassi, Teatro d’Europa, perché porta sul palcoscenico produzioni europee, espone la bandiera europea a fianco di quella ucraina. Europa, terra di libertà.

“I morti non hanno nazionalità. Forse si dovrebbe recuperare la loro identità, la loro storia.” riflette Caterina Venturini e aggiunge “Non si viene al mondo per essere buttati a morire.”

La tavola deve essere apparecchiata perché uno si possa alzare sazio, commentando la frase di Orazio e aspettando lo spettacolo di Caterina Venturini a Milano nella prossima stagione teatrale.
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di Barbara Avanzini

Barbara Avanzini

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