Libri

29 parole e 30 storie: i fondamentali dell’esistere

29 parole da reimparare e 30 storie da leggere per ricominciare a esistere.

Attraverso le pagine dell’ultimo libro scritto da Lorenzo Peluso, siamo in grado di compiere un viaggio esistenziale che sebbene rappresenti il viaggio dell’autore, non si discosta da un punto fondamentale condivisibile da ognuno di noi: il ritorno al passato e alle proprie radici.

Giornalista embedded dal 2010, Lorenzo Peluso inizia il tour di presentazioni di 29 parole 30 storie, edito da Gagliardi editore, dalla sala cultura della Banca Monte Pruno a Sant’Arsenio (SA).

Come nasce l’idea del libro?

 

Un giorno, per caso, mi imbatto nella parola palingenesi. Conoscevo il termine dal punto di vista lessicale, ma ho sentito l’esigenza di andare ad approfondire cosa ci fosse dietro la stessa. Rispetto all’utilizzo che se ne faceva in quel contesto, mi sembrava ci fosse dietro ben altro.

Non è stato neanche molto tempo fa. Eravamo in gennaio.

Palingenesi è una parola meravigliosa; possiede una musicalità che riempie l’animo nel momento stesso in cui la si pronuncia. Mi sono dunque chiesto: quante sono le parole che ci circondano e che significano tutt’altro rispetto a come le utilizziamo? Quante parole abbiamo smarrito nel corso del tempo, termini che non utilizziamo più, ma che hanno un significato talmente profondo da arricchire il nostro personale modello di vita? Mi sono lasciato andare, ho lasciato andare libera la mano e ho scelto le 29 candidate.

Le ho scritte in modo molto semplice, per renderne quanto più semplice possibile la comprensione. Associandole alla mia vita, ho provato ad associarvi delle storie. Chi fa il mio mestiere riesce a fotografare la realtà oggettiva dei fatti soprattutto raccontando storie.

Storie che riguardano la sua vita in modo diretto?

 

Diretto e trasversale. Nel libro parlo di mio fratello, di mio nonno, ma anche di persone estranee alla mia famiglia con cui ho condiviso attimi e percorsi,  personaggi pubblici o semplicemente episodi accorsi che hanno comunque generato in me sensazioni forti.

C’è la storia del maestro più alto del mondo, Franco Mastrogiovanni. Una storia, la sua, passata nell’oblio, di cui quasi nessuno si ricorda più ( e di cui ho seguito da cronista le vicende giudiziarie correlate) e c’è quella di Michael Giffoni, che conobbi anni fa; argomento quest’ultimo più recente, ma anch’esso di grande importanza per me.

 

Non una sola, ma 3 parole che sceglie, invece, per descrivere e raccontare Lorenzo Peluso.

 

Papà, folle e viaggiatore.

L’essere padre riempie la mia vita ogni giorno e la appaga totalmente. Di getto ho però  scelto anche l’aggettivo “folle” e non a caso. Ho scelto di svolgere il mio lavoro in posti nel mondo in cui è alta la possibilità che accada qualcosa di spiacevole. Non potevo tuttavia sottrarmi all’inesauribile voglia che ho di raccontare storie, come un vero “artigiano della parola”, come poc’anzi il professor Longobardi definiva me e tutti noi giornalisti.

Sono infine un viaggiatore e non solo nel senso più letterale del termine.

 

Di là dal fiume. Il Mio Afghanistan è il suo penultimo lavoro. Protagoniste in questo caso sono, più che le parole, le immagini. Parola o immagine, come si può meglio raccontare una storia?

 

Sono entrambe parimenti importanti, in un racconto. Quando poi accade che riescono ad amalgamarsi e a divenire un tutt’uno, è allora che si riconosce appieno il bello, il senso della vita e del nostro viverla.

 

Fingo di non aver letto il libro e le chiedo: 29 le parole, 30 le storie. Ne manca una, quale?

 

Eh – e sorride – , manca proprio quella!

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di Marianna Addesso

Marianna Addesso

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