Cultura

Appello alla pace. La prima ora di bombe produrrebbe ottanta milioni di morti

Appello alla pace.  In questi giorni di catastrofe bellica versano fiumi d’inchiostro sui nostri giornali. Stampano tonnellate di carta.

Costruiscono ore di immagini televisive, conferenze didattiche.

Una febbre ideologica invade, eccita o spaventa.

Ci tocca ascoltare, pure a pranzo, esperti scelti non so con quale criterio, mandati in onda insieme a scene orride, che vengono diffuse ad ogni ora del giorno per convincerci della necessità della guerra in Ucraina.

A tutti offrono un elmetto mentale.

Allora ripenso ai giornali italiani del 1914.

Penso ai patriottici appelli alla guerra: “la bella guerra” come scrivevano le penne migliori sui giornali migliori.

“La guerra igiene del mondo” era lo slogan di molti intellettuali.

Pure i partiti socialisti si dividevano in interventisti e pacifisti.

Poi tutti partirono per il fronte.

Vi andarono gioiosi e tronfi sperando in una gloria purtroppo solo immaginaria.

Nelle trincee, sotto le bombe ed i gas, fra le migliaia di morti, capirono l’abbaglio preso, E scrissero lettere piene di pentimento.

Ma era tardi.

La guerra si portò via sedici milioni di vite.

Diffuse fame e miserie mai viste. Scatenò una pestilenza (la Spagnola), che fece milioni di morti.

La pace, non imparziale, che seguì fu solo il preludio di una nuova guerra mondiale.

Questa volta con cinquanta milioni di morti. Particolare orrido: per la prima volta nella storia gli USA lanciarono due bombe atomiche sull’ormai vinto Giappone.

Ovviamente fu un massacro inaudito.

Ora gli esperti calcolano che in una terza guerra mondiale combattuta con le atomiche la prima ora di bombe produrrebbe, più o meno, ottanta milioni di morti.

Altre centinaia morirebbero subito dopo per il fallout nucleare.

L’umanità sopravvissuta tornerebbe all’età della pietra.

Scriveva Einstein a proposito: “Non so come si combatterà la terza guerra mondiale, ma so che la quarta si combatterà con archi e frecce”.

Quindi questo bombardamento, per il momento solo mediatico, che mi colpisce, lo vivo come un vero stato d’assedio alla mia fede.

Un assedio al mio amore per la vita ed alle fatiche che ci richiede per onorarla.

Fatiche che io stesso, nel mio privato, impiego per nutrire.

Purtroppo questa ferocia ideologica, un poco stupida come tutti gli accanimenti, che mi raggiunge, non posso fare altro che subirla, ascoltarla, con qualche pudore per l’orrido, che viene offerto con un certo sadismo.

Ma provo anche profondi timori.

Soprattutto un profondo senso d’impotenza, se non di rabbia.

Mi  chiedo se tutto ciò in un qualche modo, qualche anno fa, con uno sforzo di umana pietas per chi ne sarebbe morto, alla fine, si sarebbe mai potuto evitare.

È questo il dubbio che mi assale, che mi fa dubitare di tutto questo teatro mediatico messo in piedi oggi, ma ignorato in passato.

Quasi come se oggi trattare di guerra fosse solo un dovere d’ufficio, o peggio una prova di fedeltà a qualche alleanza.

Alleanza poco interessata alla pace, anzi costruita per la guerra, laddove vuole pilotare pure il nostro Paese nell’interesse di qualche padrone del mondo.

Ma al di là di queste considerazioni “politiche”  mi chiedo se mai gli uomini riusciranno, superando il peccato originale omicida della loro genesi, a vivere mai uno accanto all’altro senza distruggersi.

Oggi quindi, convinto più che mai, espongo a tutti la necessità di trovare, a dispetto degli istinti e della nostra natura, insensibile e meccanica fonte di pulsioni, quell’abito di rispettosa volontà morale.

L’abito che ci rende umani, extra naturali, esseri superiori quando al di là del nostro essere biologico concepiamo il senso dell’amore e del bello e dell’attaccamento spirituale alla vita. Vita vissuta nella pace della felicità.

È quel faticoso senso di civiltà che qualche milione d’anni d’evoluzione ci ha donato, il meglio della nostra mente. È quello sviluppo interiore che ha prodotto in noi il senso della cultura, dell’altruismo, della disponibilità a capirci ed aiutarci: la nostra migliore umanità.

Purtroppo siamo esseri contraddittori ma siamo in grado di difendere il nostro amore per le bellezze della vita, proteggerla da quelle catastrofi, che proviamo ad auto infliggerci. Questo è l’unico sentire che ci promette un futuro, contro coloro che coltivano il senso dell’odio e soprattutto nutrono quella volontà di potenza, di sopraffazione, che ancora ci residua, che non si fermano a riflettere di quanto s’allontanano dalla dignità umana che abbiamo faticosamente evoluta.

Di fronte, quindi, a qualche potere che s’impegna in trame oscure per inconfessabili interessi, nutrendosi del profondo nero degl’istinti umani, ancora oggi, anzi soprattutto oggi in questi valori continuo a sperare, ma anche a testimoniarli, credendoci più che mai, per custodire e tramandare quel programma ideale, che un grande italiano ci ha lasciato in eredità: “Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza”. So che anche voi farete altrettanto.

 

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di Gaetano Galderisi

Gaetano Galderisi

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