Maria Teresa di Calcutta diceva “Ogni cosa che facciamo è come una goccia nell’oceano, ma se non la facessimo l’Oceano avrebbe una goccia in meno”.

Oggi quell’Oceano si chiama Ucraina e la goccia della nostra storia sono 6 amici che, in pochi giorni, hanno organizzato una piccola missione umanitaria privata e sono partiti alla volta del confine ucraino.

 

 

Ci siamo “messi in viaggio” virtualmente con loro per raccontarvi, attraverso i loro occhi, quanta disperazione ci sia a poche migliaia di chilometri dal nostro Paese e quanta altrettanta umanità si stia diffondendo tra le persone comuni, che stanno tendendo una mano ad una terra improvvisamente in ginocchio.

 

Giuseppe Lettieri, imprenditore napoletano, qualche giorno fa ha deciso di coinvolgere un gruppo di amici: Vincenzo Ferrieri, Vincenzo Lettieri, Mario Orengo, Marco Ilardi e Antonio Di Stasio, per partire alla volta di Záhony, una cittadina a nord-est dell’Ungheria, nella contea Szabolcs-Szatmár-Bereg, a 2 chilometri dal confine con l’Ucraina.

Una missione privata e autofinanziata, ma organizzata nei dettagli e senza improvvisazione, perché – così come ci hanno raccontato i protagonisti di questa storia – “non è semplice sul piano logistico e per chi volesse dare un aiuto di questo tipo suggeriamo di raccogliere informazioni certe e contatti fidati sul posto. Spesso arrivano notizie distorte. Noi stessi siamo arrivati a Záhony senza trovare un punto dove scaricare per poi dirigerci alla volta di Barabàs”.

 

Cominciamo dall’inizio di questo viaggio.

Il gruppo di amici ha scelto Milano come base logistica dove hanno noleggiato due van a 9 posti e dove hanno fatto carico di cibo e abbigliamento.

Un viaggio lungo, stancante, a cui è importante prepararsi anche psicologicamente, perché dopo 1500 chilometri alla guida lo scenario che ci si troverà difronte è straziante.

La Slovenia è stata la loro prima sosta, poi Zahony in Ungheria e infine Barabás (altra frontiera ungherese) dove ad attenderli c’era un punto Caritas presso il quale consegnare il loro carico umanitario per poi ritornare verso l’Italia con a bordo famiglie con donne e bambini ucraine che avevano la possibilità di essere ospitati in Ungheria.

Un doppio aiuto, una doppia opportunità: portare aiuto a chi è al confine e portare in salvo le famiglie che contavano su un riferimento nella capitale ungherese.

“Quello che abbiamo visto a Barabàs è stato qualcosa di sconcertante – racconta Vincenzo Lettieri – alla frontiera arrivavano decine e decine di persone, alcuni in auto, molti a piedi. Venivano accolti dal Comune della cittadina ungherese con coperte e un pasto caldo per poi essere accompagnati con dei pullman in diversi punti Caritas dove godere di una prima accoglienza. A Barabàs la Caritas ha allestito un piccolo primo centro di accoglienza dove ci si può rifocillare, un primo posto dove dormire, una sala comune con letti per donne bambini e anziani”.

 

Sono finiti i tempi di una solidarietà silenziosa. Intima. Condividere il bene non significa affatto strumentalizzarlo, ma diffonderlo e sollecitarlo in altre persone. La solidarietà ha un potere da non sottovalutare. Arriva all’ascolto dei nostri cuori e ci suggerisce l’emulazione e il contagio (l’unico di cui non dover mai fare a meno).

“Se potessi andrei ogni settimana con un carico di cibo, medicine, vestiti – dice Marco Ilardi, un altro protagonista di questa storia di umanità e vicinanza – Non puoi realmente capire il dolore di queste persone finchè non le vedi con i tuoi occhi. Essere lì di persona ti fa comprendere di quanto aiuto ci sia bisogno. E di quanto non sia mai abbastanza. Molte persone che conosciamo hanno visto quello che abbiamo fatto nei nostri post e storie sui social e ci hanno chiesto informazioni per poter fare altrettanto. E di questo ne siamo felici, perché più siamo e più cresce il numero di persone che possono aggrapparsi ad una speranza. Per questo abbiamo raccontato questa piccola missione e siamo disposti a dare informazioni e contatti a chiunque sia interessato a farlo”.

Il viaggio solidale

 

Il giorno dell’arrivo dei sei amici e imprenditori napoletani è stato anche il giorno della presenza del Cardinale inviato dal per portare la propria benedizione su questa terra dilaniata in una manciata di giorni. “Abbiamo parlato con il Cardinale, ed è stato emozionante vedere tutti questi volontari giovanissimi e uomini di Fede portare il proprio aiuto e la propria testimonianza di vicinanza – continua Vincenzo Lettieri – Mentre scaricavamo i pacchi, guardavamo i bambini, le donne, gli anziani e ti chiedi come sia possibile tutto questo. La solidarietà è l’altra faccia di questa guerra senza senso, perché non è scontato in questo momento far percepire agli ucraini che non sono soli. Anche dare un passaggio a qualcuno, anche salvare una sola famiglia è una cosa preziosissima. La situazione è molto complessa e le persone hanno bisogno di tutto.”

Una goccia nell’Oceano?

Secondo noi molto di più. Una goccia che ha dato speranza ad alcune famiglie e che potrebbe moltiplicarsi in altre braccia, altre storie di solidarietà, altri uomini che ci ricordano che – per quanto orrendo e crudele questo mondo – ha ancora qualcosa per cui battersi: la speranza.

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di Manuela Giuliano

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