Fiore Mastrangelo abita al centro di Quadrivio, al piano più alto del palazzo Cafaro-Mastrangelo.

Quel palazzo l’ha costruito lui, tanti anni fa. 

La vista mozzafiato sugli Alburni, sulle gole di Campagna, sulla Piana del Sele e sul mare gli tengono compagnia.

Vive con la moglie Ida, nata a Cicciano, conosciuta a New York.

“Mi innamorai di lei e non tornai più”.

Quest’anno si é traferito in Italia e in America non ha intenzione di tornare,  almeno per ora.

In America ha prodotto e venduto scarpe da donna. 

Alla parete dell’ampio salone d’ingresso ha esposto la sua business card, opera pittorica che raffigura una scarpa da donna e gli indirizzi dei suoi cinque negozi a New York. “Ma – osserva- ne manca uno”.

A Campagna lo chiamano l’Americano.

Era un bambino quando, nel tragico settembre del 1943, Campagna fu colpita dai bombardamenti e sono tanti gli episodi che ricorda.

14 settembre 1943

“Il primo bombardamento a Campagna ci fu il 14 settembre del 1943, la bomba cadde accanto alla chiesa.

Ero con mia madre e con i miei fratelli Giovanni e Gerardo. 

Mia madre era incinta di mia sorella. Con noi c’era anche mia nonna Mariannina Pollice.

Papà non c’era, era alla fiera di Puglietta a vendere i gelati.

A quella fiera la gente della campagna vendeva maiali e conigli per natale.

Per fortuna non ci furono feriti né danni”.

Poi però ci furono altri bombardamenti.

15 settembre, bombardamenti al santuario della Madonna d’Avigliano

“Il 15 settembre fu bombardato il Santuario della Madonna d’Avigliano, ma la bomba cadde vicino alla croce e non fece danni”.

Come vi proteggeste dalle bombe?

“Lasciammo le case, noi di famiglia ci riparammo sotto una pianta di noce, eravamo circa venti persone”.

E poi a Campagna c’erano gli sfollati, famiglie delle città e dei paesi limitrofi”.

 

17 settembre del 1943

“Quel giorno il tempo era bello, mi ricordo i manifestìni della propaganda.

Alla fontana della salita del Municipio c’era un autoblindo tedesco e alcuni campagnesi.

Davanti al Municipio persone in fila con la tessera aspettavano il turno per  il pane, lo zucchero e altre cose.

Erano quasi tutti sfollati.

Dall’interno del palazzo municipale Falcone distribuiva tutto in base alla tessera.

E proprio lì gli Americani lanciarono le bombe.

Il giorno dopo, dalla Strada Nuova, vidi i morti, erano tanti.

Un monaco di Eboli metteva un po’ di paglia su delle stecche di legno, faceva dei giacigli e vi bruciava i cadaveri, ma prima toglieva dalle tasche dei morti documenti e altro”.

Poi arrivano gli Americani.

“Quando arrivarono gli Americani, mio ci riportò tutti a casa.”.

Cosa cambiò con l’arrivo degli Americani?

“Andava tutto liscio, finì la miseria, ricordo ancora il pane che ci portavano”.

I tedeschi, invece, come si comportarono? 

“Venivano da noi a prendere i gelati, non erano violenti da quello che ricordo”.

Ma, torniamo agli Americani.

“Avevano due quartieri generali, uno alla Starza, si diceva che c’era anche Eisenhower,  e uno a Piantito nella proprietà Cozzi”.

Poi cominciò il contrabbando?

“Si. Il bello é che comprai un paltò da un americano nero alto due metri, lo pagai duemila lire, lo rivendetti a 2200 lire”.

Il soldato Ben

E poi c’é la storia tragica del soldato americano di colore Ben.

“Ho sentito dire che era ubriaco, ma qualcuno di Campagna sostiene che fu ucciso per aver molestato una donna”.

Ci fu prostituzione a Campagna?

“Forse si. La verità é che c’era tanta povertà.

Era un periodo un po’ particolare, pensa che l’ispettore delle guardie multò mia nonna che passava con l’asino. Ma con gli Americani ti guadagnavi il pane e il cibo.

In cambio di trecento uova i miei genitori ottennero uova in polvere e latte in polvere. Allora i soldi si vedevano con il cannocchiale”.

Poi parte per l’America

“Sì, molto dopo, nel 1964.  Andai da turista. Ero iscritto alla Camera di Commercio come autotrasportatore”.

Ma non tornò.

“Chi andava in America allora non poteva tornare, significava aver fallito.

E poi mi innamorai di Ida”.  

 

PS

Ringrazio il professore Liberato Taglianetti per la collaborazione

 

 

 

stampa

di Ornella Trotta

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