di Oreste Mottola

“Sul nostro suolo c’è stato il primo caduto della guerra di Liberazione”, a proclamarlo è l’avvocato Enrico Tortolani, presidente della Pro Loco di Eboli.

In breve i fatti: il 9 settembre del 1943 al generale Ferrante Vincenzo Gonzaga, comandante della 222a divisione costiera, fu chiesta la resa da parte di un contingente tedesco guidato dal Major Udo von Alvensleben della 16a Panzerdivision.

Il generale rifiutò sdegnosamente.

Durante un colloquio con lo stato maggiore tedesco, probabilmente perché aveva messo mano alla fondina e estratto la pistola d’ordinanza, fu ucciso da una raffica di mitragliatrice sparata dall’ufficiale di scorta.

Il generale italiano avrebbe fatto anche appello alla tradizione militare di famiglia che non prevedeva resa o consegna di armi.

Il suo corpo fu abbandonato in un edificio di Eboli e sarebbe stato ritrovato il mese successivo.

I suoi uomini, dopo brevi scontri (nei quali perse la vita il sergente Giuseppe Maenza) furono deportati dopo essere stati concentrati in alcune grotte.

 

La vecchia nobiltà guerriera del generale Gonzaga gli consigliò di opporre ai tedeschi, che lo avevano sbrigativamente convocato per sapere cosa intendesse fare con la sua potente Guardia Costiera, schierata strategicamente tra Eboli e Battipaglia, rispetto all’operazione Avalanche in corso.

Ferrante Gonzaga decise che non poteva fare il pesce in barile e decise di notificare ai tedeschi la fine dell’accordo di belligeranza.

La reazione teutonica fu barbara e drastica.

Eboli e Battipaglia, con varie iniziative onorano da sempre l’eroico generale che volle salvare l’onore nazionale quando nell’intera nazione, tutti, a cominciare dal Re, facevano il contrario, tra fughe e divise gettate nella spazzatura.

“Dal sacrificio del generale Ferrante comincia la lenta ricostruzione di un onore nazionale forse non ancora del tutto riconquistato”, riflette il professore di storia contemporanea all’Università di Salerno, Alfonso Conte.

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di Ornella Trotta

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