Non esiste Paese al mondo, come l’Italia, la cui storia e la cui immagine internazionale sia così strettamente legata alla grande quantità di opere dei suoi artisti, alla qualità del design artigianale ed industriale, all’unicità della sua alta moda.

Questi, in realtà, sono solo alcuni campi in cui si esercita la creatività italiana, ma potremmo aggiungere ancora la finezza dei suoi prodotti artigianali e quella delle architetture civili fino alla perfetta armonia di tanti dei suoi panorami agricoli, curati nei millenni o a quelli lasciati selvaggi alla bellezza della natura.

Palinuro, primula.
Foto G. Ciao

Tutto ciò non sarebbe stato possibile se non si fosse in qualche modo radicato negli italiani, per questa nostra storia quasi eterna e rara nel mondo, dai più famosi alle persone comuni, l’amore per la bellezza espressa in tutte le sue forme, che alla fine, seguendo in tante esistenze un interiore filo rosso diventa una radicata filosofia del bello e del bel vivere.  Un concetto d’estetica, ma pure di morale individuale e civile da perseguire per il proprio piacere e per lasciare un segno della propria partecipazione ai valori della cultura, che tutti in questa Patria ci accomuna e ci prende, una genetica comune che rende speciali.

Sappiamo che la capacità in Italia di produrre arte in ogni epoca ed in tante forme ha attraversato i millenni, espressione soprattutto di potenza e ricchezza, fino a divenire un obbligo per chiunque aspirasse a rappresentarsi, nelle funzioni di potente, di signore, di grande autorità riconosciuta, necessariamente come cultore indiscusso di opere di bellezza grandiosa.

Le grandi raccolte d’arte, i denari investiti in scavi e ricerche sulle tracce delle bellezze sepolte, ma pure l’eleganza degli abiti e la raffinatezza delle dimore hanno caratterizzato la storia dei signori della nostra terra. Signori che per sentirsi tali non potevano eludere il dovere di circondarsi d’artisti ed esibirne i lavori ad un popolo in attesa d’ammirarli.

Ora la storia ha reso questa esclusività di possedere ed ammirare il bello alla portata di moltissimi se davvero si desidera goderne.

In tanti modi e per tante strade la bellezza intorno riesce a toccarci, a riempire quello spazio spirituale, che il trascorrere della nostra esistenza pretende per dare un’identità, un senso di grazia al piacere di vivere.

Oggi le tante bellezze, in tanti campi, con il loro invito ad occuparci del bello, possono davvero rappresentare quel filo rosso del quale possiamo circondarci, la scena dove porre il dipanarsi della nostra esistenza. Per questa ragione l’estetica della vita diventa attività concreta dove ogni giorno c’immergiamo pure senza badarci, nel vestire, nell’arredare la casa, che abitiamo, e via discorrendo. Quindi il bello d’intorno non rimane più un concetto astratto, una pura, mentale speculazione di filosofia estetica.

 

Diventa invece per ciascuno di noi elemento imprescindibile del nostro stile di vita, quel tocco di classe che meritiamo e ch’è gran parte della nostra esistenza. È la possibile gioia del nostro viverci e la concretezza agita del nostro trascorrere vitale nello spettacolo del mondo.

Il giornale, che col nome “Il bello” viene oggi pubblicato vuole far vivere e percepire questa funzione singolare e collettiva della bellezza, che nel suo svilupparsi e progredire disegna ed interpreta una grazia del nostro Paese, ma anche la bellezza quotidiana, ch’è qui nella vita dei singoli e di tutti, collettivamente vissuta. Inoltre la propone anche agli occhi degli altri, cioè di quei tanti Paesi e di quei tanti ammiratori dell’estetica pura ed applicata che li popolano.

Il Bello non ritiene di volgere semplicemente uno sguardo a quanto di bello si produce e si rappresenta, come in tante altre e tanto qualificate riviste. Non vuole lasciare solo emozioni, vuole invece costruire intorno a quel bello, che circonda la nostra vita, un discorso, un ragionare insieme per appropriarsene, ciascuno per sé, nelle sue tante forme negli spazi dell’animo. Quelli che riserviamo al piacere di vivere e alle ragioni migliori della nostra identità. È questa la missione che affascina: farsi tramite operoso d’un discorso che non sia da considerare puro esercizio d’arte illustrativa o pura promozione delle opere, ma che diventa un efficace contributo a quella ricchezza d’animo in divenire, ch’è fondamentale nell’esistere d’ognuno.

 

 

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di Gaetano Galderisi

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