Accabadora – Tulipano Nero Foto di Mathias Carollo

Violenza sulle donne: bisogna prima morire?

La lettera

Denunciare non basta. Bisogna prima morire. O che scorra molto sangue.
Il 13 giugno decido di porre fine ad una relazione disfunzionale e abusante denunciando un “uomo” ( posso definirlo tale?)  che frequentavo da alcuni mesi e che reiteratamente mi usava violenza fisica, verbale e psicologica.

Codice rosso
Trovo il coraggio, superando quella barriera interna fatta di sensi di colpa e vergogna, di recarmi dai carabinieri e viene  attivato il codice rosso.

Nutrivo la convinzione che mi sarei sentita protetta.
A nulla è servito tutto questo.
La denuncia è stata dopo qualche giorno archiviata da una giudice, donna, come me.

Carne squarciata

Il mio grido di dolore, la ferita è stata protocollata e archiviata in un anonimo e forse polveroso fascicolo.

Eppure lì dentro c’è la mia carne squartata, lacerata e abusata. Quelle mani te le senti addosso.

Rimane una ferita. Un uomo che ti percuote viola la tua intimità, entra dentro un confine sacro e inviolabile per profanarlo, il corpo sede della nostra anima.

Per una donna essere picchiata significa la discesa nell’abisso

Se le parole sono un costante esercizio di adeguamento  e trasformazione della realtà in questo caso “archiviazione” non lo è.

Schiaffi, percosse e violenze  sono in questa archiviazione il tentativo, riuscito, di mantenere inalterato il privilegio del potere di un uomo.

Archiviato è il mio caso, il mio fascicolo, ma non il becero maschilismo che sommuove un uomo violento. Neanche per niente.

Non si può sradicare un’ erba gramigna e così infestante come la violenza di genere e i femminicidi annessi,  se il sistema giudiziario non viene rivisto, per bonificare quel terreno in cui il seme della violenza finisca di attecchire.  Ci indigniamo davanti alle letture di donne uccise, di stupri di massa.

Ci indigniamo, ma finisce lì. In silenzio. Come la mia denuncia. E continuiamo a morire, a essere trattate come pezzi di carne, come corpi da percuotere e abusare. Come anime che bisogna irregimentare.  Sottomettere. Soverchiare. Dominare. Schiacciare.

Ci invitano a denunciare

Ci invitano a rompere il muro di impenetrabile silenzio, a denunciare maltrattamenti, dolori fisici ed emotivi, per poi sentirsi dire dalle forze dell’ordine “non bastano due tre volte che un uomo ti alzi le mani. Sono poche perché un  giudice possa muoversi ed emettere un ordine di restrizione”.

Questa la risposta che mi sono sentita dare.

Prima bisogna morire?

La mia vicenda insegna che non serve a niente denunciare, prima bisogna morire. Quindi devo alzare gli occhi al cielo e ringraziare che sono viva, che non mi stalkerizza, che si limita solo, forte di questa archiviazione, a fare il bullo e provocarmi di continuo per incitare una mia secondaria reazione ed avvalorare la tesi che lui è la vittima di una scriteriata e folle pazza.

Devo ringraziare che il sangue scorre ancora dentro le mie vene, che di tutto quello che ho passato e subito, che dello schifo che continua a gettarmi addosso poco importa a qualcuno.

Sono ancora viva. Sono vittima due volte: di  un energumeno violento e prepotente e di una giustizia nella quale ahimè ho finito di credere proprio perché ancora troppo viva…

Una lettrice

 La risposta del Direttore

Denunciare non basta. Bisogna prima morire?

E’ l’amaro interrogativo di una nostra anonima e coraggiosa lettrice.

Una donna, un’altra, vittima  di un maschio che le usava violenza, tutte le variabili della violenza.

La picchiava, la insultava, la metteva “in croce”.

Carissima Lettrice,

grazie per aver condiviso con noi questa storia intima, segreta, dolorosissima.

Hai fatto bene a denunciare, hai fatto bene anche a raccontare com’é andata poi. 

La verità rende liberi e noi abbiamo bisogno di verità e di coraggio per lottare insieme contro la violenza più becera, vile, quella nascosta fra le mura domestiche, nel segreto dei luoghi più sacri e nella carna viva.

Un’archiviazione non cancella la cattiveria e la violenza, lo sappiamo bene, ma tante storie come la tua vanno raccontate perché aiutano le vittime a liberarsi dai mostri. Aiutano le altre donne a farsi coraggio e a denunciare.

A volte i giudici archiviano, ma tante volte condannano.

Grazie, cara Lettrice

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di admin

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