L’antifascismo dello sport, intervista a Sergio Giuntini, è il tema dell’incontro che la sezione del Partito Democratico di Cesate (Milano) ha organizzato questo fine mese insieme all’ANPI, con Sergio Giuntini, il più importante storico dello sport in Italia.

Presenta “Oltre la vittoria. L’antifascismo dello sport in Italia e in Europa” Prospero edizioni.
L’antifascismo dello sport. Perchè?

E’ più noto associare lo sport al fascismo. Ma è tempo di dimostrare che lo sport non fu, come si è a lungo pensato “un monolite graniticamente fedele ai regimi fascista e nazionalsocialista”. Infatti, furono innumerevoli gli uomini e le donne dello sport che presero parte attiva alla Resistenza italiana ed europea.

In che modo?

Sia da combattenti nelle file dei vari Fronti di Liberazione Nazionale, sia anche fuori dall’Europa come oppositori, sabotatori, boicottatori del nazifascismo.

Quali gli sport più praticati?

L’alpinismo innanzitutto. Una generazione di futuri promotori del ribellismo visse l’alpinismo come fattore identitario e stile di vita. Prima d’impegnarsi nella Resistenza maturarono un’esperienza e un’etica alpinistiche di prim’ordine quali ricerca interiore di libertà.

Alcuni nomi?
Tra i più famosi: Massimo Mila, Mario Rigoni Stern, Giorgio Bocca, Primo Levi.
Alcune donne?

Giovanna Zangrandi, Maria Assunta Lorenzoni, Dedite più al ciclismo come Augusta Fornasari o ad altre discipline. Sono, però, quasi dimenticate. E’ ora di fare memoria.

Chi fu Augusta Fornasari?

Fu una staffetta partigiana contadina operante nelle zone emiliane di Budrio, Monghidoro, Pianoro. Durante il lungo tragitto, insospettì la vigilanza fascista da cui, interrogata, rispose di stare allenandosi per una gara ciclistica.

Presentazione Sergio Giuntini
Verità e menzogna. Partecipò ufficialmente a delle gare ciclistiche nel dopoguerra?

A Bologna vinse la prova in lenea dei campionati nazionali della UISP. Un vero e proprio titolo nazionale, considerato il totale disinteresse per il ciclismo femminile. Vinse anche nel 1949 “La corsa del mare”, una gara a tappe.

Altre discipline per le donne?

Ricordiamo Giovanna Boccalini, maestra elementare, grande alpinista, fu commissaria del Gruppo Femminile Calciatrici sorto a Milano nel 1933, prima esperienza in Italia.

Insieme ad altre donne diede vita ai Gruppi di Difesa delle Donne, un gruppo interpartitico tra partigiane che portò un sostanziale contributo alla Resistenza.

La figlia Grazia Barcellona fu ripetutamente campionessa italiana di pattinaggio artistico.

Elda Franco vinse i campionati italiani del 1941 di salto agli ostacoli e nel 1942 di salto in lungo.

Per restare nel ciclismo, si nomina  nella sua ricerca approfondita anche il noto Gino Bartali?

Certo. Bartali, profondamente cattolico, è uno dei “Giusti per le Nazioni”. Ricordato per avere salvato molte vite di ebrei, nascondendo nel telaio della sua bicicletta i documenti contraffatti. Non si fece lustro di ciò in vita.

Molti ciclisti, calciatori e anche pugili tra le leve della Resistenza anche europea?

Sì. Mi piace ricordare il polacco Tadeuz Pietrzykowski che si prestò a sostenere degli incontri di pugilato nel campo di Auschwitz, contro lo stesso Kapò Walter Dunning. Ne disputò circa una quarantina in cambio di una qualche razione alimentare supplementare. Fu un prigioniero politico.

Lo sport legato alla Resistenza anche nella nomenclatura?

Il bello è che molti nomi in codice di partigiani si ispirarono al mondo sportivo e le stesse azioni militari venivano definite” Lavoro sportivo”.

Sergio Giuntini, autore di numerosissimi studi,  già docente di Storia dello Sport presso l’Università Statale di Milano e ricercatore presso l’Università Tor Vergata di Roma, è a giusto titolo anche presidente della Società Italiana di Storia dello Sport e membro dell’Accademia Olimpica Nazionale Italiana.

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di Barbara Avanzini

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