di Egidio Marchetti

 

Un canzone di Renzo Arbore, in voga sul finire degli anni ’80,  recitava che “la vita è tutta un quiz”, ironizzando sul dilagare delle trasmissioni a premio nella televisione italiana.

Non potevamo immaginare che la tendenza diventasse così dilagante, da assurgere a modello anche negli ambienti accademici.

Un forma di selezione dei candidati, basata su argomenti di “cultura generale” che poco hanno a che fare sia con il ciclo di studi appena concluso, che con quello da iniziare.

Questo aspetto ha assunto sempre più la forma di una sorta di lotteria, quale criterio di scelta per l’accesso dei giovani aspiranti agli studi universitari.

Come se non servisse a nulla un diploma, dopo cinque lunghi anni di studio ed un esame di maturità appena sostenuto con profitto.

Uno strano Paese l’Italia, dove c’è bisogno di medici, di ingegneri, di chimici ed invece si sceglie di mettere il numero chiuso all’inizio, come una rinuncia preventiva al fabbisogno dell’economia reale.

In sintesi, come riconoscere che i Licei non siano in grado di formare i futuri universitari, con una scuola che non sa parlare con gli Atenei e questi, a loro volta, incapaci di garantire le esigenze del mondo del lavoro.

Una stortura che ha il sapore del privilegio, di tutela degli interessi di chi detiene spazi illimitati, cumuli di incarichi ed un abuso di posizione dominante.

Con medici ospedalieri che fanno la “moltiplicazione dei pani e dei pesci”, dividendosi tra ambulatori privati, studi professionali e multispecialistici, con dichiarazioni dei redditi che fanno impallidire le altre categorie professionali, con un sistema di porte girevoli dove, alle già ricche pensioni ospedaliere, si aggiungono incarichi con partita iva nelle cliniche private e negli stessi ospedali dove sono stati dipendenti fino al giorno prima.

Con il paradosso che, mentre i medici settantenni fanno tre o quattro lavori, le piante organiche ospedaliere sono sguarnite proprio per la mancanza di laureati!

Comincia ad esserci penuria anche dei medici di base, oramai con un’età media molto vicina alla soglia pensionistica.

Se non si correrà tempestivamente ai ripari, tra pochi anni avremo difficoltà anche a farci prescrivere una semplice ricetta ed a garantire un livello minimo di assistenza.

Una vera follia, sancita da scelte politiche sbagliate, generate da una classe dirigente mediocre, soggiogata dalle corporazioni.

E mentre il Sistema Sanitario Nazionale procede verso la paralisi, per l’ingordigia di chi ne gestisce i destini, i nostri giovani sono costretti a giocare con questa stupida lotteria.

Loro che parlano le lingue, che hanno una visione del mondo, padroneggiano la tecnologia, devono essere giudicati su argomenti futili, proprio da quelle generazioni che, pur non avendo certe basi, si permettono di condizionarne il futuro.

Un modello odioso, che genera inefficienza, dove il sistema dei quiz, oltre ad essere iniquo, ha il sapore di una vera beffa, arricchendo sempre più chi è già dentro, avendo come conseguenza che i servizi sanitari essenziali saranno sempre più inaccessibili ai pazienti, proprio per la mancanza di personale e di concorsi.

I Padri Costituenti avevano fissato nell’articolo 32 della nostra Carta il principio secondo cui “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività ”, troppo spesso dimenticato dal legislatore, molto più attento ad assecondare i “capricci del sazio, che i bisogni del digiuno”, secondo una sempre efficace espressione popolare napoletana…

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