Ad Amalfi la misura del tempo ha una relatività che esula dal concetto dei comuni mortali, proprio come scriveva il poeta Renato Fucini nella sua ode, riportata nella targa esposta a Porta Marina: “per gli Amalfitani che andranno in paradiso, il giorno del giudizio universale sarà un giorno come tutti gli altri”.

Sono quasi 6.000 anime che vivono in un comune di soli 6 chilometri quadrati, ma rappresentano i discendenti di oltre mille anni di gloria (a far data dal IX secolo) più che di storia, se si vuol rievocare a partire dalle gloriose Repubbliche Marinare la storia recente della perla dell’omonima costiera.

Forse è proprio questo essere intrisi nella propria cultura atavica che porta gli Amalfitani a vivere una sorta di immediatezza, di vago scollamento con il proprio passato, tanto sono abituati a convive con i propri luoghi così brulicanti di storia, ove ogni pietra parla di marineria, di chiesa, di bellezza intrinseca.

Già nel 596 la città era sede vescovile, e lo testimoniano i due attuali meravigliosi alberghi che hanno preso corpo negli antichi conventi, uno del 1200 ed uno del 1600, mentre il fantastico Duomo risale al 987; indiscutibilmente la sua visita merita un approfondimento; dalle navate all’Altare, dalla Cripta sino al Cimitero monumentale. Amalfi non è solo monumenti, storia, bellezza, mare, grotte (vedasi il presepe subacqueo nella vicina Grotta dello Smeraldo), fascino, ma anche eccellente gastronomia: ed è proprio ai piedi della monumentale scalinata del Duomo che sorge la storica pasticceria Pansa, datata 1830.

 

Cosa significa avere 200 anni di tradizione pasticciera sulle spalle? Lo sa la signora Carla Pansa, coadiuvata dai figli Andrea, Nicola e Marilla, che traghetterà la storica pasticceria di famiglia verso i due secoli di attività, custodendo gelosamente quel lievito madre che fa dei suoi lievitati un vanto di leggerezza, proprio come lieve è l’aria che si respira nella cittadina.

Degustare una delizia al limone in piazza, ammirando il viavai catartico e ad un tempo frenetico e quotidiano degli abitanti, contraltare dell’incedere ozioso dei turisti, con il naso all’insù, armati di quella beata espressione estatica di chi sa di vivere in un sogno storico per un giorno, avvolti dall’aria salmastra e iodata del maestrale, è un’esperienza indimenticabile. Se si dovesse capitare invece la sera della processione “del nuovo anno”, o nelle celebrazioni ogni quattro anni per la Regata storica, sarà un’immersione profonda nel passato, attraverso l’ammirazione delle sfilate in costume d’epoca.

 

Amalfi merita una permanenza ben più lunga di un giorno: il perdersi nei vicoli strettissimi (ove passava un armigero alla volta, per cui era possibile difendersi più facilmente dagli invasori saraceni) durante una calda notte d’agosto, l’andare a piedi alla vicina Atrani e scarpinare sulle scalinate che hanno ispirato Maurits Cornelius Escher durante il suo soggiorno italiano, o il fermarsi ad ammirare le vetuste presse, le uniche macchine che ancora oggi producono la “carta tirata a mano” di Amalfi, alla fine della valle dei mulini, o il poter cercare quell’artigiana ceramista che plasma da anni gli animali “spinosi”.

Godersi una cena sotto la luna piena sulle palafitte sulla via del porto, o nelle volte del palazzo ducale dei Piccolomini, alla Caravella, primo ristorante stellato Michelin a Sud di Roma, dal lontano 1959, è un plus di unicità irripetibile; ma val la pena ricordare anche quando Alfredino sette odori, sulla spiaggia di Santa Croce, serviva ai tavoli di legno gli spaghetti al limone, declamando in latino, solo pochi anni or sono; questo è il fascino della Costiera, con la C maiuscola, detta non a caso la Divina Costiera.

Qui ogni località, da Vietri a Positano, da Cetara a Ravello, ha impresso una propria caratteristica particolare, profondamente diversa dal paese a fianco. Per capirla a fondo, bisognerebbe scendere a piedi lungo il Sentiero degli Dei, un percorso a mezza montagna abbastanza facile, ma anche un po’ impegnativo, tra tralci di viti, cantine scavate nella roccia, terrazze di limoneti, panorami incantanti.

In Costiera balzano all’occhio i tetti a cupola di foggia arabeggiante, e si capisce subito come un posto di mare non abbia subito ma valorizzato l’influenza degli stili più diversi, una piacevole commistione con i campanili romanici, e con i recenti ed armoniosi palazzi dei notabili e del Grand Tour, in stile liberty.

Non si può descrivere il turbine di sensazioni che avvolge il turista, una sorta di sindrome di Stendhal, di fascinazione storica, che pervade l’anima mentre si gode di un bagno alla Marina Grande, quando suonano le campane di mezzogiorno, perché le si vede dal mare mentre si nuota; e così si capisce appieno che aveva proprio ragione il poeta Fucini sull’esistenza del Paradiso, Dio è in terra di Amalfi.

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di Sergio Galzigna

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