Parma. La rinascita parte da Cibus 2022

Bisogna ricordare quest’anno: il 2022.

È l’anno della ripartenza, della riaffermazione della qualità mondiale dell’alimentazione italiana.

Anzi della classe italiana nel confezionare quel prodotto così prezioso, che si chiama cibo, inteso come esito finale d’una cultura universale dell’alimentarsi e per bene.

A mia memoria, e credo di averle viste quasi tutte, l’edizione ’22 rimarrà come una delle più belle, ricche ed entusiasmanti che l’Italia abbia mai offerto.

Soprattutto è l’atmosfera di ripartenza entusiasta che pervade, il senso dei sopravvissuti aperti alla nuova speranza, che anche se non detto coinvolge ed unisce.

Gran folla, gran file d’auto per entrare nella Fiera, un generale correre e darsi da fare.

Splendidi stand, luci perfette e splendide Hostess, (dove le avranno trovate?), eleganza per tutti “italian style”.

Niente trasandatezza, niente casual, raffinate auto rappresentazioni manageriali.

Cuochi, spadellatori, affettatori di salumi e formaggi.

E poi cortesi offerte d’ogni prodotto per raffinati palati o solo per i tanti curiosi vaganti nel bendidio.

Immagine più perfetta d’una kermesse fieristica di sommo livello non potrebbe esserci.

È l’immagine più convincente della capacità di riprendere un cammino.

Meglio di così non potrebbe essere.

L’industria alimentare italiana, qui, è ripartita alla grande.

Basta guardare i prodotti offerti.

Si percepisce lo sforzo innovativo nei contenuti e negli obbiettivi: gusto e salute.

Spazio maggiore alla cultura vegana e vegetariana.

Anche il confezionamento ed i messaggi di propaganda sono cambiati, adeguandosi alle richieste del consumo: facilità d’uso, qualità nutrizionale, gusto nella tradizione.

Niente fughe in avanti.

Di tradizione italiana, infatti, ce n’è e ce n’è pure tanta, più raffinata, ma sempre tradizione.

In modo particolare negli stand delle firme meridionali.

Qui il discorso si fa complesso.

La kermesse è soprattutto la vetrina della grande industria alimentare del nord Italia.

Grandissimi stand, grandissima attenzione della stampa e dei politici per la vetrina scintillante nel mondo della nostra alimentazione.

In mezzo i piccoli stand delle imprese meridionali, imprese di famiglia il più delle volte.

Mancano quasi del tutto le “collettive” organizzate dalle Camere di commercio e dalle Regioni del sud.

Non so se questo è un bene.

Mi sembra comunque il segno dei tempi.

L’impresa alimentare meridionale prova a fare da sola.

Con coraggio ed ostinazione.

Spendendoci molto e credendoci tanto.

Non è una cosa banale. Soprattutto perché questi produttori, minuti ed attenti, dimostrano la vitalità delle migliori specialità alimentari del sud.

Ma a volte sono anche prodotti di nicchia, recuperi di antiche produzioni, reinvenzione moderna della cultura contadina.

Cose che riescono a prendere rilievo nella grande fiera dove tutto si confonde.

Questo é Cibus.

Dietro c’è impegno ed orgoglio, emozioni da raccogliere, da promuovere, c’è la cultura alimentare più particolare del nostro complesso meridione, che si sta spingendo alla modernizzazione, inserendosi nei circuiti commerciali che contano.

Però non potevo concludere questo articolo senza citare qualcuno di quei piccoli produttori: eccoli.

Carlo Falcone salumaio nella Sila (Centro Carni Sila srl). Presenta i suoi sforzi a tutelare una razza suina speciale: il maiale nero della Sila, prodotto di nicchia, ma che tiene fisse a lavoro su quei monti famiglie d’allevatori.

E poi l’incontro con Michele Segreto di Altamura.

Coniuga alta qualificazione professionale con la passione per il lavoro artigianale nella panificazione.

È un esperto di lieviti, ma anche maestro delle più famose specialità, che escono dai forni pugliesi.

Considera positivo il suo lavoro a Cibus per le grandi opportunità che gli ha dato di conoscere e farsi apprezzare da buyers internazionali, ma anche da quanti ha offerto, senza distinzioni, un pezzo di focaccia o un tarallo appena sfornato.

È il mercato del nord Italia che vuole conquistare, pure da solo perché l’aiuto pubblico oggi è scarso.

Ma vuole farcela perché è il momento.

A Cibus c’é richiesta di qualità artigianale e qualità alimentare. La sua. Per quella l’interesse è alto.

È pronto per la sfida. Gira ovunque per insegnare l’arte della panificazione. Ovviamente quella pugliese.

Un tassello di qualità nell’immenso mosaico della cucina italiana.

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di Gaetano Galderisi

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