Gabriel Zuchtriegel

Pompei – Il volto di una giovane donna si apre in un urlo, o forse in una risata ribelle. Il colore è cobalto, freddo e vivo insieme, a incarnare la pelle dei sogni e delle rivolte. È il manifesto della Lisistrata che andrà in scena il 24 e il 26 maggio 2025 nel cuore più antico e simbolico del nostro teatro: il Teatro Grande di Pompei. Grande l’impegno del direttore del Parco Archeologico di Pompei è Gabriel Zuchtriegel. Non sarà una Lisistrata qualunque. Sarà una riscrittura, una sfida, una chiamata alle armi – pacifiche – delle parole, dei corpi e delle musiche.

Sfidò la guerra con l’arma dell’astinenza

Cosa può significare oggi far rivivere Lisistrata, la donna che osò sfidare la guerra con l’arma dell’astinenza? Cosa può dire ai nostri ragazzi, ai nostri territori scossi dal silenzio e dalla dimenticanza? Marco Martinelli, con la sua drammaturgia e regia, ci invita a scoprirlo. Insieme a lui, un gruppo di giovani dell’area vesuviana, occhi e voci del presente, si prenderà la scena per raccontare il diritto di scegliere, di fermarsi, di urlare o di amare. L’aiuto regia è affidata a Valeria Pollice e Gianni Vastarella. Le musiche sono di Ambrogio Sparagna, che saprà certamente intrecciare i suoni del Sud con l’eco dei cori antichi. Le luci e lo spazio scenico portano la firma di Vincent Longuemare, mentre i costumi sono di Roberta Mattera, che saprà, come in un rito arcaico, vestire il sogno.

Restituire al passato la voce dei vivi

Il bello è che questa operazione c’è qualcosa che va oltre il teatro. C’è un’urgenza. La voglia di restituire al passato la voce dei vivi. Di far risuonare Aristofane tra le pietre vulcaniche di Pompei, tra le radici calde del Mediterraneo. Di usare il corpo, il canto, il ritmo, per dire basta e per dire ancora.

Cinque euro il biglietto

Cinque euro. Il prezzo di un panino. Per entrare in una riscrittura del mondo. I biglietti si trovano su Vivaticket, oppure a Pompei, alla biglietteria degli Scavi. Lì, dove la lava ha fermato il tempo, ora si prova a farlo ripartire. Perché anche oggi, come allora, le donne e i giovani sanno dire la parola che gli eserciti non vogliono sentire: pace.

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di Ornella Trotta

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