Il Teatro “Maskam Rad” di Kyiv incanta e commuove alla Rassegna Internazionale di Teatro Educativo “Il Gerione”
In un silenzio carico di attesa, si accende la scena. Un uomo, solo, ma non davvero solo. Con lui, la voce e la chitarra di un’attrice che diventa anima, eco, memoria. È così che la compagnia ucraina Theater “Maskam Rad” di Kyiv ha dato vita, sul palco de Il Gerione, a uno spettacolo che è insieme testimonianza, atto poetico e grido sommesso: Trumpeter.
Il racconto si sviluppa nei sotterranei dell’acciaieria di Mariupol, durante l’eroica resistenza del popolo ucraino contro l’invasione russa nella primavera del 2022. Un luogo reale, un tempo segnato: 82 giorni di assedio. Un incubo di fuoco e silenzio, di suoni spezzati e vite appese. Ed è proprio lì, nel ventre della città martire, che si muove la vicenda del Trombettista, unico sopravvissuto della banda musicale della 36ª Brigata dei Marines Ucraini.
Ma non è un eroe classico, e non cerca medaglie. Trumpeter è un artista gettato nell’inferno, un uomo che cerca di dare senso al caos attraverso la musica. In un mondo dove i suoni sono bombe, razzi e mine, lui tenta di ordinare, capire, trasformare: comporre una “Sinfonia di guerra”. Ma ogni nota che prova a raccogliere si dissolve nel dolore, nella dissonanza. Perché la guerra, lo scopre lentamente, non è materia traducibile in armonia. Non si può musicare l’orrore.
Di tanto in tanto, il monologo veniva interrotto da un elemento tanto potente quanto disturbante: il rumore delle esplosioni. Ma non si trattava di effetti sonori registrati. Quelle detonazioni uscivano direttamente dalla bocca dell’attore. Una scelta registica e interpretativa intensa, che amplificava il realismo emotivo e trasformava il corpo dell’interprete in cassa di risonanza di un trauma collettivo.
Il dialogo – reale o immaginario – con il suo comandante Kolya è la chiave. È in quel confronto che il trombettista comprende che la vera musica nasce dal silenzio. Quel silenzio che arriva alla fine, e che forse è l’unica risposta possibile. Le ultime parole, dolenti e disarmanti, restano impresse nello spettatore come un sigillo: “E poi… c’era il Silenzio”.

La compagnia ha scelto di mettere in scena questo lavoro per sensibilizzare il pubblico, attraverso il linguaggio teatrale, su ciò che sta ancora accadendo in Ucraina. Un atto di denuncia e di amore per la propria terra. In sala, durante lo spettacolo, si è creata un’atmosfera sospesa, fatta di silenzio, riflessione e commozione. Lo spettatore è stato avvolto non solo dalla narrazione, ma dal peso umano di una tragedia ancora in atto.
In un momento storico in cui l’Ucraina vive ancora sotto l’ombra lunga dell’invasione, questo spettacolo assume una forza ulteriore. Non è solo arte, è memoria viva. È una ferita che canta. È un modo per non dimenticare, per non cedere all’indifferenza. I musicisti veri, quelli dell’orchestra di Mariupol, sono ancora oggi prigionieri. La loro assenza riempie ogni pausa, ogni nota mancata. La loro storia continua, anche quando si spengono le luci in sala.
Ecco il potere di Trumpeter: trasformare un palco in un rifugio, un suono in un’esplosione di umanità, la guerra in una domanda aperta. È una lezione di teatro e di vita, che parla non solo dell’Ucraina, ma di tutti noi.

stampa

di Emiliano Piemonte

Condividi
Potrebbe anche interessarti