La crisi del nostro territorio riflette la mancanza di figure di riferimento in vari settori della società, senza alcuna eccezione. Nelle amministrazioni pubbliche, nella sanità, nell’imprenditoria, nel ceto politico e finanche nella cultura. Una crisi che parte da lontano e che rappresenta uno straordinario criterio di lettura della modalità di selezione delle classi dirigenti, se non proprio una sorta di mancanza di vocazione della borghesia contemporanea a svolgere quel ruolo di traino per lo sviluppo, come negli anni passati.

È paradossale come l’epoca d’oro sia quella rappresentata dai figli della guerra, di quei giovani nati e cresciuti negli anni cupi di una dittatura, affamati e privati di tutto, dalle libertà al cibo, schiacciati da un modello scolastico autoritario e punitivo.

Probabilmente quelle privazioni sono state il propellente che ha fatto crescere la voglia di riscatto e di emancipazione.

Buona parte della costruzione della nostra società è frutto della loro ambizione e di una visione che abbracciava tutto e tutti, senza lasciare indietro nessuno.

È bene ricordare alcuni di questi protagonisti, non per un esercizio nostalgico e commemorativo, non fosse altro che alcuni di loro sono vivi e vegeti, quanto per sottolinearne le capacità ed i meriti, quale esempio da raccontare ad un pubblico spesso distratto da una quotidianità scandita dalla ricerca compulsiva di banali e vuote contese su argomenti che muoiono nel breve volgere di un post.

 Ci sarebbe l’imbarazzo della scelta nel tratteggiare, seppure per brevi cenni, i profili di certe figure.


Indubbiamente l’avvocato Franco Chirico, definito una volta l’Enrico Mattei del Cilento, è stato un innovatore ed un visionario per la realizzazione di infrastrutture idrauliche ed energetiche, dotando di una rete irrigua capillare e diffusa buona parte del Cilento. Partendo da zero, bussando con caparbietà alle porte di ministeri e di assessorati regionali per vedere realizzate certe opere, oggi sotto gli occhi di tutti e vanto della collettività.

 Il carismatico avvocato Pantaleo Aloia, storico Dirigente dell’amministrazione dell’Ospedale San Luca di Vallo, fondato dai sacerdoti Don Luca Petraglia, Alfredo Pinto e Pietro Guglielmotti, fu il degno continuatore di questa importante istituzione, che ha affrancato un intero territorio dall’assenza di assistenza sanitaria.

 
Il geometra Alberto Schiavo, nato lavorativamente nel Consorzio degli Acquedotti di Vallo, poi divenuto Consac, divenuto nell’arco di un ventennio il primo costruttore edile della provincia di Salerno e tra i più importanti nel Sud Italia, con circa 400 dipendenti, la cui opera nel settore delle costruzioni generali, di quelle stradali ed idrauliche fu riconosciuta dal Ministro Zamberletti con un premio per la puntualità nell’esecuzione dei lavori pubblici.

 Il professore Nunzio Di Giacomo, già Sindaco si Vallo e poi,per circa 30 anni, ai vertici della Regione Campania come Segretario Generale.
Rigoroso, colto, discreto ed autorevole guida della macchina amministrativa regionale anche in anni difficili, dagli anni ’70 fino ai giorni nostri.

 L’Onorevole Antonio Valiante , politico ed amministratore.
Da Segretario comunale a Sindaco, da Presidente dell’USL 59 a Consigliere Regionale, da Parlamentare a vice-Presidente della Regione Campania, ebbe sempre il Cilento al centro della sua iniziativa politica.

 L’Onorevole Paolo Correale, avvocato e politico di razza. Più volte Consigliere ed Assessore Regionale, fin dalla fondazione della Regione Campania e poi Parlamentare, membro della Direzione nazionale del PSDI.
A lui si devono molte opere marittime e stradali e, probabilmente, ne avremmo avute di più se non fosse stato osteggiato da certi notabili locali.

 
I fratelli Mario e Ugo Valiante.
Il primo, magistrato e poi parlamentare di lungo corso, Presidente di importanti Commissioni parlamentari, tra i padri del codice di procedura penale.
Il secondo, medico chirurgo, Presidente dell’Usl 59 , della Comunità Montana Gelbison e Cervati, poi Consigliere Regionale, sempre combattivo nei consigli comunali dove è stato protagonista per circa mezzo secolo.

 
I fratelli Francesco e Giovanni Cobellis, autori del consolidamento dell’omonima Clinica fondata dal padre Luigi, primo Sindaco del dopoguerra e brillante medico chirurgo.
Il primo fu Sindaco di Vallo, mentre il più giovane fu due volte deputato e titolare di cattedra universitaria. Entrambi lavoratori infaticabili fino agli ultimi giorni della loro vita.

 A questi è d’obbligo aggiungere Antonio La Gloria, due volte Sindaco e Deputato socialista, già Segretario provinciale del PSI, Raffaele Marotta, illustre magistrato di Cassazione e Deputato.
Francesco Castiello, avvocato, docente universitario, magistrato e poi due volte Senatore.

 Ebbene, tutte queste personalità, pur nelle differenti sfumature caratteriali, nella diversità dei loro curriculum, hanno inciso chi più e chi meno nel tessuto sociale di questo territorio, alternando successi e sconfitte, rivalità ed alleanze, avendo sempre in mente un’idea forte di crescita sociale ed economica, difendendo le legittime rivendicazioni di questa terra che oggi appare come orfana o comunque acefala. 
Il tratto distintivo che accomunava questi personaggi è il rispetto e l’autorevolezza acquisita, tali da meritare una notevole considerazione anche fuori dalle mura domestiche.

 Appare evidente in tutta la sua dimensione il divario formativo tra costoro e l’attuale classe dirigente, incapace oggi di portare istanze sui tavoli istituzionali regionali e nazionali, non solo per assenza di volontà, quanto per la mancanza di peso politico e di possibilità di azione, in quanto essi stessi ripiegati a difendere piccole questioni di orticello, quali le proprie carriere professionali o gli interessi della propria ristretta cerchia.

Per chi è cresciuto guardando a queste personalità come riferimenti, risulta imbarazzante oggi confrontarsi o aspettarsi un guizzo, uno slancio verso il futuro, con un minimo di certezza e di credibilità.

Da ragazzi avevamo quasi soggezione ad interloquire con quei giganti, non perché ci impedissero di parlare, quanto per paura di dire cose inesatte o banali.

Oggi prevale solo l’imbarazzo, quello della consapevolezza dell’inadeguatezza a ricoprire certi ruoli, quasi come se non occorressero più delle qualità per meritare alcune carriere.

Come un set cinematografico, dove le comparse sono divenute attori protagonisti.

Senza uno straccio di copione e senza una regia.
In una confusione totale di ruoli tra spettatori e protagonisti.
Un film sbiadito, dove alla varietà dei colori di un recente passato, fatta di chiari e di scuri,  oggi la scena appare grigia e spenta.

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di Egidio Marchetti

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