ROMA. Incontro virtualmente l’artista orafo Rocco Epifanio che ci racconta della sua ultima mostra Trasmutazioni – l’uomo e la maschera (27 maggio – 7 giugno 2024) e di 40 anni di carriera nell’arte orafa.

Chi è Rocco Epifanio?

 

Rocco Epifanio è una persona che da 40 anni svolge l’attività di orafo. Maestro artigiano che pratica l’arte orafa, artigianato artistico in particolare.

Non sono soltanto mero esecutore di una gioielleria cosiddetta “decorativa” , da indosso, ma un artigiano che crea, pensa, costruisce e poi realizza gioielli di vario genere. Non solo soggetti decorativi, come il classico anello “Trilogy” con brillante o una collana di diamanti. Spazio un po’ dal gioiello scultura a quello che ha una base, se vogliamo culturale. Un gioiello che affonda le radici in un lontano passato e la cui conoscenza viene da lontano e va perdendosi nella notte dei tempi.

Provengo dalla Magna Grecia, sono meridionale, quindi porto con me quel patrimonio.

Quando ho iniziato, ho realizzato dei lavori che si ispiravano a questo tipo di arte. Poi, negli anni, ognuno sperimenta tante cose, fino ad arrivare a realizzare un po’ di tutto:  il pezzo unico, il gioiello scultura, il gioiello a forte valenza simbolica, quello di ricerca e quello di tendenza.

Mi diverto, insomma, a creare cose particolari.

 

 

 

Lavorazione di pietre o di metalli: quale delle due è la più difficoltosa?

 

Sicuramente il materiale più privilegiato,  ma che di certo non si lavora con facilità, da sempre, è l’oro. L’oro in tutte le sue diverse colorazioni: oro bianco, oro rosa, oro giallo.
Si lavora anche il platino, si lavora l’argento e a livello scultoreo si lavora molto il bronzo.
Oggi l’oro ha dei costi molto elevati e quindi certi pezzi vengono realizzati in bronzo, che noi definiamo “metallo vile”, ma alcuni lavorano solo quello. Io ogni tanto, soprattutto sulla grande scultura, lo mischio legandolo all’argento o all’oro.
Comunque non tutti i metalli si lavorano allo stesso modo.

Oro giallo, bianco, rosa: c’è differenza di pregio?

 

No, la differenza sta solo nella colorazione.

Se penso alla fede nuziale, noto, negli anni, un certo ridimensionamento. Un nuovo modello di austerity 2.0 ha colpito anche il gioiello? Un pezzo importante è ostentazione, è politically in-correct?

 

Il fatto che non bisogna farsi vedere con addosso un gioiello “importante”, perché va avanti un certo discorso morale, lascia il tempo che trova.
Sulle riviste specializzate si legge spesso di “oro etico”; è innegabile che in passato sia stata sfruttata molta manodopera nei posti in cui l’oro e i metalli preziosi erano in abbondanza.
Sono, tuttavia, talmente tanti i quintali di oro già estratto, che stiamo lavorando anche quello degli Etruschi. L’oro si ricicla nei secoli, non va perduto, non si distrugge. Tu hai un oggetto e lo passi ai tuoi figli e quello stesso oggetto viene, magari, dai tuoi nonni. A sua volta esso proveniva da un passato ancora più remoto e così via.
Io l’oro “dei nonni” lo posso fondere e rilavorare. Per cui possiamo estrarne di meno rispetto al passato, ma l’oro “etico” propriamente detto non esiste. Estraendolo, facciamo comunque del male alla Terra.
Certamente oggi si ha un’attenzione maggiore al territorio, questo sì.
Se immaginiamo il piccolo cercatore d’oro che va in giro con il suo padellone, non ci spaventiamo più di tanto. Il problema sono gli scavi profondi fatti con ruspe e tutta una serie di macchinari che vanno a distruggere terreni e montagne intere.
Stesso discorso per altre tipologie di metalli e minerali, oggi preziosissimi, che servono a far funzionare i vari device e ad aggiornarli costantemente.
Si può dire che oramai le guerre non si fanno più per l’oro bensì per questi altri metalli, per questi minerali, preziosissimi per l’industria mondiale.

Parliamo di Trasmutazioni – l’uomo e la maschera, la sua ultima mostra

L’ultima mostra, prima di Trasmutazioni, terminata lo scorso ottobre, festeggiava i 40 anni di attività. Si trattava dunque di una mostra antologica, in cui ripercorrevo tutto il mio percorso professionale. Quarant’anni raccontati attraverso disegni, pittura e gioielli.
Trasmutazioni, invece, è una mostra che riguarda il mondo delle maschere.
Questo filone mi è sempre piaciuto e mi interessava approfondirlo.
In passato avevo già realizzato qualcosa inerente al genere, ma la cosa si è risolta con qualche pezzo unico e basta. Quest’anno invece, da gennaio, ho pensato di realizzare qualcosa che uscisse un po’ fuori dagli schemi e mi sono ricordato delle maschere a cui avevo lavorato.
La differenza è che questa volta sono andato a fare uno studio approfondito sull’argomento, approcciandomici non solo come oggetto in sé, ma studiandole a livello mondiale.
Prima di me altri colleghi hanno utilizzato e utilizzano ancora l’oggetto “maschera” nei propri lavori; la differenza è che io ho cercato di fare una vera e propria “globalizzazione” della stessa.
Ho quindi girato tutto il mondo, ovviamente sul web, (i viaggi fatti in passato sono pochi rispetto al tipo di lavoro che avevo in mente di realizzare).
Viaggiando per mare fino in Oceania e dalla parte australe sono giunto in Asia. Passando per il Giappone ho toccato India, Russia, Mongolia, Egitto, Europa, Africa, Sud America e Nord America. Ne è nata una ricerca del perché nel mondo esiste la maschera: cos’è, cosa rappresenta, quando è stata usata per la prima volta, quando ha avuto origine.
Ho trovato cose molto interessanti; ho scoperto che le maschere venivano utilizzate fin dal Paleolitico Superiore, per esempio. Lo scopo era, probabilmente, quello di mascherarsi per avvicinarsi agli animali, per confondersi con essi per poi cacciarli e procurarsi il cibo.
La maschera inizialmente aveva una funzione utilitaristica.
Sono state ritrovate maschere risalenti a 9000 anni fa nella regione attuale di Israele e queste, invece, avevano scopo funerario. Se pensiamo alla maschera funeraria più famosa, pensiamo subito a Tutankhamon, tutta in oro, usata per coprire il viso del Faraone defunto.
Le maschere venivano usate per riti sciamanici, per la stregoneria: questa sorta di “Terra di Mezzo” utilizzata sia per avvicinarsi al mondo superiore degli Dei che per distaccarsi dal Male.
Noi siamo meridionali dunque si pensa subito al malocchio e alle maschere “apotropaiche” (da apotrópaios, – allontano) per allontanarlo. Per scacciare queste energie negative ci si copre, ci si nasconde e nascono queste cose stranissime; più brutte sono più il malocchio si spaventa e fugge via!
Ho disegnato quasi 80 maschere ispirandomi ai disegni, agli schizzi, alle foto, provenienti da tutto il mondo: da quelle vecchie dei riti tribali, a quelle di rito sciamanico, le funerarie, fino ad arrivare a quelle della Commedia dell’Arte che più conosciamo come Arlecchino e Pulcinella, tanto per citarne alcune.
Molto belle quelle del Teatro Classico giapponese; lì non sono realmente maschere, si trattava piuttosto di uomini che si truccavano (e si truccano tutt’ora) il volto pesantemente al pari di vere e proprie maschere.
Poi sono arrivato al Carnevale e ai vari carnevali di tutto il mondo.
Dalle maschere nascono anche i primi fumetti.
Il primo fumetto è del 1936 ed è il Phantom, l’Uomo Mascherato. Chi era l’Uomo Mascherato, era un uomo forte che aiutava i più deboli, una sorta di eroe. Ma solo dopo nascono i Supereroi, quelli che non sono totalmente umani, ma che posseggono un superpotere. E qui si arriva poi alla Marvel e a tutta una serie di personaggi ormai divenuti iconici.
Al capitolo “Supereroi” mi sono fermato al mio mito d’infanzia, che è Goldrake.
E poi, naturalmente, ne ho disegnate tante io stesso, creandone di personali.
Tutto questo poi viene trasferito nel gioiello, nel pezzo unico. Miscelo e creo. La collezione è ancora piccola, ma crescerà col tempo, anche perché le maschere nel mondo sono migliaia e da ognuna prendo ispirazione.

La maschera per tutte le tipologie di gioiello? Dal collier all’orecchino?

 

Assolutamente sì. Ne ho realizzato e ne realizzerò di tutti i tipi e per tutte le tipologie di gioiello.
Mi piacerebbe che questa mostra diventasse itinerante, proprio perché ho interpretato la maschera come una sorta di unione tra i popoli.
Avendone trovata traccia un po’ ovunque e considerando i tempi che stiamo attraversando, che non sono dei più pacifici, mi piacerebbe che i miei pezzi influenzassero positivamente chi li guarda, inducendoli a pensare che tutto sommato siamo uniti e siamo uguali.
Un qualcosa che ovunque vai può dare un senso al rispetto reciproco.

Il concetto di Pace Universale?

 

Esatto. Un discorso, se vogliamo, di tipo antropologico che accosti e riunisca un’ espressione, un gesto particolare rappresentati in una maschera e riscoperti similari da Sud a Nord, da Est a Ovest del mondo.
Ad esempio, in alcune maschere, ritroviamo il gesto apotropaico della “linguaccia”, che è comune nel Sud Italia, ma che si ritrova in molte altre parti del mondo.

Spulciando tra le foto dei suoi lavori, alcuni di loro mi hanno fatto pensare agli astri, ai pianeti, all’astrologia in generale.

 

Assolutamente sì. Nel passato mi sono occupato anche dei 4 Elementi del cosmo.
In questi 40 anni ho toccato vari temi. Mi attirano molto le dicotomie uomo/donna, bianco/nero, buio/luce che comunque nascono dall’Universo, dall’Infinito. Quindi accosto, anche agli elementi cosmologici, forme e pietre.
Mi piace molto dare al gioiello quel qualcosa in più.
Una sorta di dialogo continuo tra me che lo realizzo, chi lo regala e chi poi lo indossa. Un messaggio che chi regala, poi trasmette al ricevente.
Indossandolo, porti con te l’affetto di chi ben ti conosce e ti è vicino, che sia il partner, un amico, un genitore. Tutto è amore!

Pietre e segni zodiacali. Una pietra “ti parla”, può condizionare il tuo stato d’animo?

 

Pietre, cristalli, minerali… La cristallografia è una vera e propria scienza. I cristalli sono essere viventi che si formano e si conformano. Ci sono delle pietre che sono talmente belle che riescono a donarti benessere psicologico e persino fisico anche solo guardandole e godendo di esse e della loro bellezza.

Sulle proprietà propriamente curative, non mi pronuncio; mi fermo alla bellezza e alla profondità del particolare.

 

Qual è l’oggetto più difficile da realizzare? La dimensione influisce sulla difficoltà di lavorazione?

 

No. Un gioiello grande ti fa perdere più tempo proprio perché è più grande, ma non è detto che una cosa più piccola te ne faccia perdere di meno, se minuziosamente lavorata. Tutto va in proporzione al particolare e non alla superficie.

 

 

Nel 2024 qual è la tendenza? Più minimal o più ridondante?

C’è stato un periodo abbastanza minimal, a cui è seguita, ed è quella corrente, una tendenza all’abbondare, all’ostentare.
Si mischia un mare di roba, diverse colorazioni e manufatti che siano in grado di colpire immediatamente l’occhio. Chiaramente si parla di ambiti teatrali, di sfilate di moda, e non del quotidiano. Allo stesso tempo, come ho già detto, riscontro sempre un po’ di timore referenziale nell’ostentare un pezzo particolarmente costoso.
Diciamo che forte è la dicotomia, in questo periodo, e la tendenza è di gran lunga manichea.
Esiste sicuramente anche la via di mezzo. Nell’artigianato artistico, ad esempio, preferiamo produrre pezzi che non siano molto esuberanti, ma che siano raffinati e che si possano indossare in qualsiasi momento.

 

Cliente tipo: ha già una sua idea, viene a chiedere consiglio… Quanto tempo occorre per avere tra le mani il progetto da cui partire?

 

Entrambe le cose. C’è che viene e trova tra la mia collezione il “suo” pezzo, qualcuno arriva con uno schizzo tutto da rielaborare, altri ancora non hanno nessuna idea e quindi io ascolto e arriviamo all’elaborato finale.
Alcune volte ci si impiega mesi, altre volte il guizzo creativo arriva subito e ci si ferma al più classico “buona la prima”.
Considera che io lavoro tutto a mano e non sul 3D. Col 3D basta un disegno al computer e esce fuori il pezzo già quasi completamente realizzato, quindi con tempistiche notevolmente ridotte. Ma questo è più un fatto industriale che artigianale.
Lavorare a mano ha indubbiamente un altro sapore, un altro fascino.
stampa

di Marianna Addesso

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