Lettera di un figlio disilluso

 Caro papà, devo dirti che a distanza di tempo riconosco che avevi ragione su tante cose che riguardano le vicende umane.

Consentimi però di dissentire su di un aspetto nei tuoi insegnamenti di genitore.

Hai cresciuto i tuoi figli inculcando il senso del dovere e della responsabilità, senza i quali non poteva esserci alcun traguardo.

Dicevi che la vita, diventando sempre più competitiva, avrebbe tagliato fuori i meno capaci, venendo così relegati ai margini della società.

“Non c’è spazio per i mediocri”, ripetevi sempre, per spronarci ad impegnarci, a migliorarci.

Guai a parlare di scorciatoie o peggio di raccomandazioni!

Per te l’unica strada era il merito, inteso quasi come una severa selezione naturale.

 Ho impiegato molto tempo per capire che avevi torto, aspetto che non avresti mai ammesso, non per una tua testarda convinzione, quanto per un pervicace etica, ereditata da tuo padre, altrettanto inflessibile, in quanto cresciuto a cavallo tra le due Guerre mondiali, nella rigida scuola militare degli Alpini.

Dovrei ringraziarti per questo bagaglio sterminato di valori, di cui sono comunque fiero. 

Però non posso esimermi dal dirti che la nostra società da un bel po’ di tempo, ha preso un’altra strada, compiendo una spettacolare inversione di marcia.

Non c’è ambito che sia esente dal “familismo”, dall’ “amichettismo” e dal “puttanesimo”, in una mostruosa miscellanea di orrori che ha ribaltato ogni scala di valori.

Sia ben chiaro, nessuno può reputarsi immune: nel pubblico come nel privato, nelle imprese e nelle università, nelle burocrazie, nella sanità, nelle banche.

 
Ciclicamente assistiamo a dei filoni di inchiesta, allorquando i magistrati escono dal letargo ventennale, passando al setaccio alcune amministrazioni, scoperchiando pentoloni del malaffare.

Ognuna di queste iniziative,  sembra quasi aprire scenari inediti di corruttela estesa e ramificata, suscitando scalpore in un’opinione pubblica spesso ingenua e distratta, se non proprio complice di un sistema politico che si regge sui voti raccolti copiosamente, in cambio di piccole e grandi prebende.

Un sistema che si tiene insieme grazie ad un consenso che è lo specchio fedele del “feeling” tra elettori ed eletti.

 Caro papà devo anche dirti che convengo con te sul fatto che non serva il tintinnio di manette, il lancio delle monetine, come una sorta di “Piazzale Loreto”, per ridare una verginità ad un popolo. In democrazia ogni uomo è padrone del proprio destino, se usasse in maniera consapevole e trasparente l’unico strumento in suo possesso: il voto.

È una democrazia malata quella dove la selezione della classe dirigente deve avvenire per mano della magistratura, finendo essa stessa per rimuovere solo gli effetti, senza curare le vere cause di certi problemi, da trovare sicuramente altrove…

 Avrei voluto darti ragione, caro papà, ma forse ignoravi di come il “sistema” sia riuscito a fare proprio, stravolgendolo, il principio evangelico secondo cui gli ultimi saranno i primi o, addirittura, primari negli ospedali, nelle cattedre universitarie, negli appalti e negli incarichi professionali, non in nome di quel merito di cui ci raccontavi, quanto dell’appartenenza al branco egemone, in attesa che altri sostituiscano questi, una volta che siano caduti in disgrazia, in una girandola perversa di accondiscendenza e di convenienza.
 
Non posso credere che tu sia stato così puro, al limite dell’ingenuità, a non voler cogliere il degrado della società che già cominciava a ripiegarsi su se stessa. Come è possibile che un uomo così intelligente non vedesse tante storture? Mi sovviene solo adesso, caro papà, il senso di certi valori. Non solo una teorica enunciazione di princìpi, quanto piuttosto il prezzo da pagare per essere delle persone libere. Di poter camminare a testa alta, di non temere la legge, di non fare compromessi sottomettendo la propria dignità, di poter guardare negli occhi i potenti senza abbassare lo sguardo, di poter dire dei no.

Ecco, forse questo è il senso dei tuoi insegnamenti, di una serie di scelte difficili e faticose, andando spesso controcorrente ed in solitaria.
 
Siamo sicuri che tutti quelli che oggi urlano indignati per il proliferare degli scandali siano esenti da responsabilità ed abbiano titolo per giudicare gli altri?
 

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di Egidio Marchetti

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