Dialetto e cucina, binomio vincente di ogni regione.
Da “pizza” a “maccheroni”, da “babà” a “sfogliatella”, quanto ha contribuito il lessico culinario alla diffusione della lingua napoletana? Sicuramente tantissimo.
Non è un caso che la parola italiana più utilizzata al mondo sia proprio “pizza”, seguita da “spaghetti” e “cappuccino”.
Ma se in molti concordano sul successo planetario della Margherita, che il cuoco Raffaele Esposito dedicò alla prima regina d’Italia, l’etimologia della parola “pizza” è tuttora molto discussa.
L’incontro a Napoli
Di dialetto e cucina si parlerà lunedì 27 maggio alle ore 16 presso il Museo Artistico Politecnico di Piazza Trieste e Trento a Napoli.
Ad intervenire, negli spazi dello storico Palazzo Zapata, saranno il professore Sergio Lubello dell’Università degli Studi di Salerno e i professori Lucia Buccheri e Francesco Cotticelli dell’Università degli Studi di Napoli Federico II.
Dialetto e cucina, un itinerario da gourmet
“Dialetto e cucina” è l’evento di chiusura degli “Incontri sul dialetto”, un ciclo di nove appuntamenti, curati dal Comitato scientifico per la salvaguardia e la valorizzazione del patrimonio linguistico napoletano e organizzati dalla Fondazione Campania dei Festival.

Un buffet ricco di portate dal quale il pubblico potrà attingere curiosità e informazioni.
Imparerà, ad esempio, che la parola “maccheroni” nel XIV secolo indicava una specie di gnocchi. O, ancora, che il termine “pizza” associa la base mediterranea pitta (“focaccia”) al termine longobardo pizzo (“boccone”).

I relatori proporranno un vero e proprio itinerario da gourmet, partendo da testi come il De arte coquinaria di Maestro Martino e Scienza in cucina di Pellegrino Artusi, considerato il Manzoni della lingua gastronomica italiana.
Senza dimenticare i campani Vincenzo Corrado, Michele Somma, Francesco Palma e Ippolito Cavalcanti, autore di Cucina teorico-pratica. Pubblicata per la prima volta nel 1837, l’opera contiene una sezione in dialetto napoletano nella quale sono riportate diverse ricette in uso ancora oggi.

Insomma un ponte tra passato e presente, all’insegna della buona tavola. Un elemento fondamentale nell’esistenza di ognuno di noi.
Perché, per citare Artusi, sentire al risveglio il bisogno di cibo è «indizio certo di buona salute e pronostico di lunga vita».